Cari corpi sognanti

Mi piacerebbe mettermi in marcia con voi, gli scarponi ai piedi, per un sentiero che ci porti insieme nei generosi territori della Natura. Come potrete immaginare, in comune con il teatro che frequentiamo, il trekking ha quel sapore di avventura e di scoperta capace di regalare tesori di autentica ricchezza. In attesa che il mio desiderio possa essere condiviso ed avverarsi, vi mando alcune immagini delle ultime escursioni che ho fatto con il Falco Naumanni, nel Parco Nazionale del Cilento. Ed aggiungo un libero commento da parte mia, se vi fa piacere ascoltarlo.

Camminare è fatica e sudore ma è anche possibilità di giungere ad una meta, ad una trasformazione esteriore ed interiore (solvitur ambulando). Questa volta la meta è stata il mare, il mare come può apparire in un angolo nascosto, non facilmente raggiungibile: porto degli Infreschi. Si tratta, infatti, di una insenatura naturale dove da sempre i pescatori si riparano quando il mare è troppo grosso e troppo rischioso è il ritorno alla costa aperta. Fortunatamente, ancor oggi è raggiungibile solo dal mare. O dall’interno a piedi, come abbiamo fatto noi.

Ma non siamo tanto sprovveduti da ignorare che ormai la “civiltà” è arrivata ovunque e così siamo approdati sulla nostra spiaggetta che già un buon numero di bagnanti era disteso a prendere il sole. Non fa niente, un angolo per noi ce lo siamo ritagliati lo stesso. Un mare trasparente mi ha accolto avvolgendomi in un bagno da paradiso, con visioni di scogli ricchi di posidonie e di pesci. Carlo, il nostro cantastorie, ci ha raccontato delle sue caprette, che mangiano solo l’erba che non cresce per terra e dei suoi pantaloni buoni di ragazzo, acquistati con il duro lavoro e portati alla festa dopo aver pascolato le capre.

Dalla spiaggia siamo partiti con una barca alla volta di Marina di Camerota. Mentre ondeggiavamo sull’acqua gli occhi correvano sulla scogliera, ricca di anfratti e di grotte, dove i sogni degli uomini prendono le più svariate forme: la cattedrale di stalattiti, la mezzaluna, il toro, l’uomo che fa la pipì.

Siamo entrati nella grotta azzurra. Qui l’acqua si tinge di turchese e mi ha ricordato il nostro mare, capace di diventare cielo.

La costa si fa alta e le falesie sono abitate dai gabbiani. Questa è la loro dimora, quando li vedete in giro sappiate che è da qui che arrivano.

La sosta per la notte è stata a Rofrano. Da Cono, che è un nome di origine bizantina. Lui ha un aspetto selvaggio e la barba da brigante. Per fortuna ci è amico ed abbiamo mangiato alla sua tavola, ricca di salumi, di formaggi e di arrosti. Un po’ troppo per la mia delicata pancia cittadina. Una passeggiata tra le lucciole del bosco è servita a smaltire l’eccesso.

All’indomani ci siamo messi in marcia sulle pendici del Monte Cervati, che con i suoi quasi 1.900 metri di altitudine è il più alto della Campania. Abbiamo percorso il vallone dell’Inferno, nel lussureggiante bosco di cerri e di carpini, di aceri e di ornielli.

Mai Inferno poté apparire tanto paradisiaco: tra suoni di fresche cascate, fiori odorosi e sorprese nascoste. Basta avere occhi per vedere ed orecchie per ascoltare.

Sorprese nascoste. Mi riferisco agli animaletti incontrati che popolano il bosco: i cugini silvestri a otto zampe della nuova sede del Teatro, licheni dei più svariati colori, un verdissimo ramarro e il gran concerto degli uccelli invisibili.

Un biacco era nascosto tra i rami di un piccolo albero. Donato ci ha raccontato di aver scoperto i serpenti volanti, che saltano di ramo in ramo, di albero in albero. Altro che scimmie!

Le orchidee spuntavano tra i cespugli. Ecco una bellissima orchidea d’oro, dove una stirpe d’uccelli regali ha costruito i suoi nidi. Posava ai margini del sentiero una belladonna, ostentava orgogliosa la sua bellezza nascondendo abilmente la sua natura velenosa per l’uomo.

Ma il luogo più vicino al teatro, anzi, un vero allestimento della Natura, è l’Affondatore di Vallivona. E’ un luogo misterioso perché vi si accede attraverso una galleria scavata nella montagna. Improvvisamente la temperatura calda di giugno scende a 7 gradi ed è stato necessario coprirsi con felpe e giubbini impermeabili. Ho seguito gli altri nel buio procedendo con i piedi nell’acqua che correva lieve e continua: un ruscello in una galleria di 400 metri. Udivo solo le voci dei miei compagni e il pestare degli scarponi nell’acqua. Mentre le luci delle torce elettriche danzavano svelando le pareti di roccia grezza e l’increspatura dell’acqua, in lontananza intravedevo un puntino di luce fissa. E’ strano avanzare dentro la montagna, sembra di essere nelle budella di un gigante che dorme. Alle spalle, la luce dell’ingresso si faceva sempre più piccola e lontana.

Finché voci di sorpresa non mi hanno annunciato in anticipo la straordinarietà del posto in cui eravamo finiti. La luce all’improvviso illuminava un mondo altro, pareva di stare sopra – anzi all’interno di – un pianeta al contrario: con il vuoto dentro ed il pieno fuori.

Foglie giganti coprono il terreno emerso dall’acqua. Sono farfaracci che vivono in una quiete fuori dal comune e con una luce ed un suono davvero singolari. Le pareti di roccia sono tappezzate di verde, di alberi aggrappati su spazi minimi che si allungano in alto in cerca del sole; da una parete precipita una cascata che arriva direttamente da quel poco di cielo lassù.

Ci siamo aggirati come navigatori nello spazio discesi su un corpo celeste sconosciuto. Un luogo di primordiale bellezza. Nessuno di noi si sarebbe sorpreso se all’improvviso fosse spuntato un dinosauro. Buono però, di quelli che mangiano solo erba e foglie.

Pasquale conosce con precisione molti fiori e piante dei monti del Cilento. Alleva capre. Ci ha raccontato storie di lupi e di cinghiali. Insieme a lui e a Mimmo, le due guide, siamo tornati indietro. Ma c’era ancora spazio per qualche incontro speciale. Un bruco-ponte a passeggio su una foglia, il piccolo concerto dei grilli, un goffo rospo che nessuna ha avuto il coraggio di baciare.

Corde legnose tengono saldamente legati i faggi al suolo. Le meraviglie di questa terra fanno vibrare le corde del mio nulla.

Queste ed altre meraviglie vi attendono se deciderete di muovere i vostri passi uno dopo l’altro sui sentieri della Natura. Parola di marinaio.

Cosimo buono