Valle di Tures e Aurina

GRÜSS GOTT

Valle di Tures e Aurina. La pagina che avevo trovato su Internet recitava così, per cui mi sono chiesto se effettivamente si trattasse di un’unica valle oppure se per un errore grafico valle fosse stata scritta con la “e” finale invece della “i”. La risposta al mio dubbio l’ho trovata al Castello di Tures / Burg Taufers. Questo castello, infatti, sorge su uno sperone roccioso che segna una distinzione fisica, ma anche storica e culturale della vallata bagnata dallo stesso torrente, l’Aurino / Ahrn. Oltre il castello la valle si restringe fino a diventare una stretta gola, per poi allargarsi più avanti. Due diverse popolazioni hanno colonizzato la vallata: a Nord furono genti giunte dalle Alpi dello Zillertal e dal Pinzgau, a Sud furono i pusteresi, ragion per cui le valli sono considerate due.

Dunque il castello riveste una notevole importanza storica e simbolica per entrambe le valli. Ci siamo andati mercoledì 23, nel pomeriggio. Abbiamo lasciato le macchine nel parcheggio sotterraneo di Campo Tures (gratis le prime due ore e trenta) e ci siamo incamminati, salendo verso il grigio maniero. Anche questa costruzione, come le case, le stalle, i negozi e gli altri edifici, in campagna e in città, antichi e moderni, impiega come materiale principalmente il legno, elemento preponderante nelle valli. Gli stessi tetti sono fatti con tegole di legno.
Il castello (m. 865 s.l.m.) risale al XII secolo e prende il nome, come d’altra parte la valle più a Sud, dalla dinastia di feudatari, a quel tempo dominante, che l’edificò. Un giovane ed improbabile cavaliere templare, in cotta di maglia e blu jeans sotto la bella mantella bianca, ci ha guidati nei vari ambienti del castello, che conservano tuttora gli arredi delle epoche passate. Tra questi, delle belle stufe rivestite in maiolica, che provvedevano a riscaldare stanze che altrimenti dovevano essere molto fredde.
Mi colpisce il letto troppo corto per una persona di normale statura. È perché all’epoca dormivano seduti, essendo la posizione supina considerata troppo vicina a quella della morte. La piccola e semplice cappella era frequentata dai soli uomini, mentre le donne potevano seguire la messa da un ambiente soprastante, comunicante attraverso una piccola apertura. Un piccolo serbatoio metallico munito di rubinetto permetteva ai signori di lavarsi la faccia appena alzati. Accanto alla finestra c’era il gabinetto, costituito da un sedile forato che di sotto dava direttamente sulla pubblica via… Interessante anche la biblioteca, ricca di centinaia di volumi, quasi tutti in tedesco, e la stanza delle armi. I contadini erano muniti di clava con cui cercavano di abbattere i cavalieri, disarcionandoli.
Il giardino è in splendida posizione. E’ esposto a Sud, sotto l’imponente castello, ma sempre all’interno delle mura difensive, e guarda il paese nella vallata, che gli si rivolge come se fosse inginocchiato ai suoi piedi. Abita il giardino un albero di tasso insieme ad un roseto ed altre piante

Lunedì 21 luglio

Ma procediamo con ordine. Arrivando in Alto Adige / Südtirol, la prima cosa che si nota è il paesaggio che dalla pianura sale su per la valle solcata dal fiume, che ha un andamento tortuoso. A mano a mano che si procede, la valle, mantenendosi sempre verde, si restringe e le montagne si fanno più alte. Terrazzamenti e vigneti, castelli e campanili aguzzi caratterizzano il paesaggio.
Per il primo giorno in Val Tures / Tauferer Tal, lunedì 20 luglio, Biagio ha proposto una passeggiata non troppo impegnativa alle cascate di Riva / Reinbach wasserfälle, così, tanto per riscaldare i muscoli. Siamo una squadra di venticinque persone, non tutte avvezze alle escursioni e perciò abbiamo bisogno di tempo per affiatarci. Si sceglie giustamente di vivere la settimana perseguendo l’obiettivo escursionistico del Falco Naumanni, ma lasciando ampi margini di scelta ai singoli per rispettare le esigenze e i desideri di ciascuno. Per cui all’appuntamento al parcheggio dove ha inizio la passeggiata, ci siamo andati chi a piedi, chi in bici, chi in macchina. Ma un equivoco ha portato me ed altri a vagare con la bici nel centro di Campo Tures / Sand in Taufers alla ricerca del parcheggio in questione. Finché non si è chiarito che il parcheggio in questione era invece a Caminata / Kematen, in località Cantuccio / Bad Winkel (m.865 s.l.m.) e l’escursione ha avuto inizio in ritardo.
Spettacolari sono le cascate che alimentano il Rio di Riva / Reinbach, lungo le quali si snoda il sentiero meditativo dedicato al Cantico delle Creature di San Francesco, che attraversa un bosco di abeti rossi. Il sottobosco è ricco di piante di mirtilli. Lina me ne porta una con i frutti ancora attaccati. Me la terrò con me, nella mia stanzetta d’albergo, quale segno e simbolo di questa terra. Ci sono anche piccole felci e qui e là spuntano funghetti rossi, troppo belli e colorati per essere buoni da mangiare. Numerosi sono gli escursionisti che salgono e scendono lungo il comodo sentiero, con ponti e splendide vedute sulle cascate ed altri punti spettacolari del torrente. Di tanto in tanto c’è una stazione di sosta ispirata alle parole del poverello d’Assisi, che invitano a riflettere con riconoscenza sugli elementi della Natura e della vita umana. Gli spazi meditativi sono impreziositi da sculture e resi accoglienti da panchine di legno. Il percorso porta infine ad una cappella dedicata a San Francesco e alla Madonna (m. 1172 s.l.m.). È un’antica costruzione in pietra, quello che una volta fu il castello di Kofel,  ristrutturata con una nuova copertura in legno. Sotto la cappella c’è una cripta. Semplice sulla nuda roccia. Un altarino rudimentale e un tabernacolo e nient’altro. Lo spirito non chiede altro che semplicità.

Gli allevatori mettono il latte munto della mattina in recipienti di acciaio, muniti di ruote per essere facilmente trainati lungo la stradina, dove poi passa il camion della raccolta che provvede a svuotarli. Me lo ha spiegato Rocco, che è venuto a trovarmi da Vipiteno. Ha ritardato un po’ perché c’era traffico. La statale che corre lungo la Val Pusteria è pericolosa, mi dice, e soprattutto d’Inverno vi succedono molti gravi incidenti, a causa dei tratti ghiacciati.
Prima di cena facciamo una passeggiata fino al fiume. Fa impressione la velocità delle sue acque e il suono impetuoso che ne scaturisce. Da qui o più a monte è possibile entrare nel fiume con un gommone per praticare il rafting.
La campagna ai lati della strada è coltivata a mais. Il granturco viene lasciato a maturare sulla pianta, poi viene tagliato e triturato con il fusto e le foglie e dato per cibo agli animali.
Le stalle con gli animali, con l’arrivo di turisti, sempre più incisivo per l’economia del posto, le spostano più in alto, verso i monti che fiancheggiano la valle, dove gli animali vivono più liberi e tranquilli, lontano dalle regole soffocanti dei centri umani.
Le casette dispongono di un giardino e di un orto, dove coltivano, tra le altre cose, l’aglio, i cavoli, la camomilla. A lato della pista ciclabile, prima del fiume, sono sorpreso di vedere il verbasco codagrossa. E di tanto in tanto raccogliamo i bei lamponi rossi, che crescono spontanei.
Il profumo inebriante di un grosso tiglio ci ridà il benvenuto mentre torniamo in albergo.
Dopo aver cenato, insieme si va a fare una passeggiata a Brunico / Bruneck.
I negozi sono già chiusi e poca gente è in giro per le strade. Albert dice che qui si cena alle sette e dopo si va a dormire; a Matera, invece, si cena alle dieci e poi si esce.
Bella la via dove abbiamo fatto quattro passi nel centro della città. Con le sue casette colorate a tetti spioventi che mi ricordano Saltzburg. La temperatura segna 14 gradi.

Martedì 22 luglio

Il Lago di Braies è un lago alpino situato in Alta Pusteria a m. 1496 s.l.m. È la meta di quest’oggi. Collocato ai piedi della Croda del Becco, è stato originato da una frana staccatasi dal Sasso del Signore, che ha creato uno sbarramento sul Rio Braies. È uno dei laghi più profondi, 36 metri, della provincia di Bolzano. Sulle sue acque, tra il verde e l’azzurro, scivola placida in lontananza una barca a remi.
Giunti al lago, ci siamo divisi in tre gruppi. Uno si è limitato a fare il giro del lago, un altro ha raggiunto una malga, un po’ più a monte. Il profumo di un piatto di funghi ha sedotto alcuni che hanno deciso di fermarsi. Il terzo gruppo, quindi, quello degli irriducibili, ha deciso di proseguire in salita. Così Eustachio “De Niro”, Donato, Franco, Margherita, Giovanni, Vittoria, Rosa, Angela, Carmela, Michele ed io siamo arrivati ad oltre duemila metri di altezza. Il percorso sale tortuoso lungo il pendio ripido del Monte Nero, ammantato di pini e di larici. Rosa arranca in salita. Poi, dopo essersi fermata, si volta e si ricarica profondendosi nelle lodi alle spettacolari quinte dolomitiche che, esposte ai raggi del sole, cangiano colore, passando dal grigio a varie sfumature del rosa.
Ci siamo fermati per un frugale pranzo, disturbando forse la tranquillità di una coppia di tedeschi con il nostro incorreggibile allegro vociare. Oltre i duemila metri c’era ancora vegetazione arborea. Sul Pollino a duemila metri resistono solo i pini loricati ed i ginepri emisferici. Tutti i sentieri sono ben segnati dalla bandierina bianca e rossa del CAI e dal numero attribuito al sentiero. Le indicazioni sono rafforzate da cartelli indicatori di legni, sistemati all’altezza di molti bivi, così che è facile percorrere un sentiero anche se è la prima volta che lo si fa, senza tema di sbagliare.
Subito dopo la ripresa del cammino, si è reso necessario il pronto intervento di Franco, che ha provveduto con efficacia a riparare con del nastro adesivo uno scarpone di Carmela, che aveva quasi perso la suola.
Mentre discendiamo, incontriamo un maso, ma forse è più corretto dire una capanna di legno, con alcune mucche al pascolo d’intorno. Mi dicono che dentro ci sono dei ragazzini che vendono bibite.
L’escursionista raccoglie sempre qualcosa dalle montagne che percorre: chi foto, chi appunti su un taccuino, chi fragoline di bosco e chi, come Vittoria, pietre, pezzi di radici o rami caduti, dalla foggia particolare.

Mercoledì 23 luglio

A causa delle previsioni meteo che non promettevano nulla di buono soprattutto in fondo alla valle Aurina, dove in un primo momento avevamo pensato di andare, il “consiglio degli anziani” ha saggiamente optato per una visita sulla sommità terrazzata di Plan de Corones / Kronplatz.
Situato a 2275 s.l.m., dista circa tre chilometri da Brunico. D’Inverno è una stazione sciistica di primo piano, attrezzata con ben 49 piste da discesa per un totale di 103 chilometri di lunghezza. Ci siamo arrivati sopra con la funivia, guardando alcuni intraprendenti escursionisti che salivano a piedi.
Sopra ci ha accolti un vento gelido che ci ha subito consigliato di coprirci con i berretti di lana come se fossimo in Inverno. Nonostante il sole, per la verità intermittente, la temperatura segnava solo 3 gradi centigradi. La sommità della montagna non è poi molto attraente, affollata dagli impianti per lo sci e da un bar. Al momento è interessata da lavori in corso con escavatori.
Interessante è però la campana della pace Concordia 2000. Inaugurata il 26 luglio 2003, è la più grande campana dell’arco alpino con le sue 18 tonnellate di peso.
E’ valsa comunque la pena arrivare quassù per il panorama di montagne che si gode in ogni direzione a 360 gradi. Brilla in lontananza il ghiacciaio della Marmolada che troneggia oltre i tremila metri verso Sud Sud-Ovest.
Quando a mezzogiorno la campana di bronzo prende ad oscillare scandendo i suoi poderosi rintocchi, le sue vibrazioni echeggiano sui prati e nelle valli d’intorno come a voler riunire ogni cosa in un’unica voce.
Anche quest’oggi, dopo la visita al castel Taufers ed un giro per Campo Tures / Sand in Taufers, è troppo tardi e non ho fatto in tempo a fare una capatina nel centro benessere dell’albergo.
Stasera grigliata mista a casa Anewandter. Fallita la cena all’aperto in giardino, a causa della temperatura un po’ rigida, Martin ha ripiegato all’interno, nella consueta sala ristorante.
Ad aiutare Martin e Monika, i coniugi Mairl, nella serata della grigliata c’è anche la mamma di Martin, ancora giovane e gioviale. I padroni di casa gestiscono l’albergo lavorandovi direttamente e con il contributo di pochi dipendenti. Essi considerano i clienti dei veri ospiti, trattandoli con cortesia ed autentica cura. Il papà di Martin esce la mattina per la spesa ed il cognato lavora ai fornelli. E’ un vero chef e la sua firma è un pomodorino rosso che ritroviamo ogni sera in almeno un piatto.  
Il padre di Martin è un cacciatore. Le pareti che portano al centro benessere ed alla seconda scalinata sono tappezzate di sue fotografie con trofei di caccia.
Imbalsamati ci sono: tre galli cedroni, pernici bianche, una ghiandaia, una gazza, un paio di tassi, una testa di tasso con i denti aguzzi bene in vista, due marmotte. Appesi al muro in bella mostra ci sono, inoltre, diversi campanacci colorati da esposizione di varie dimensioni.  
Anewandter è una parola antica che indica il nome di uno dei tre masi del luogo. Martin mi ha spiegato che significa ‘terra rivoltata’ ovvero ‘contatto con la roccia’.
Ornano l’albergo molti oggetti scolpiti nel legno, che riproducono figure di vita pastorale o della natura del luogo.
Alla stanza 23, la mia, corrisponde una matrimoniale. Sono stato accolto con un cioccolatino sul guanciale. Ed un altro cioccolatino stava sull’altro guanciale dello stesso letto, come se attendesse qualcuno che lo mangiasse…
Tornando alla grigliata: è proprio un festival dell’arrosto senza risparmio di: stinco e costolette di maiale, manzo, tacchino, würstel (una salsiccia) ed altro.
Anche questa sera concludiamo puntualmente la cena intrattenendoci ai tavolini all’esterno dell’albergo, sorseggiando un bicchierino di grappa alla genziana o al ginepro.
La prima sera che eravamo qui, abbiamo cenato mentre fuori si scatenava un violento temporale. Quando abbiamo finito, siamo usciti fuori e al posto del temporale c’era un arcobaleno e gli ultimi raggi di sole colpivano la montagna riversandole una luce meravigliosa che tingeva di un verde brillante i prati d’alta quota.

Giovedì 24 luglio

A pochi chilometri dalle Tre Cime di Lavaredo un casello stradale impone un pedaggio di 20 euro a chi vuol proseguire in macchina. Sulla strada c’è ancora traccia degli incitamenti rivolti al “pirata”, l’indimenticato scalatore sul pedale.
Lasciamo la macchina al parcheggio più alto, all’ultimo posto disponibile, sotto la cima Sasso di Landro. Poi scendiamo al rifugio di sotto per procurarci informazioni. Tra le imponenti cime dolomitiche dominano i gracchi alpini, corvidi dal becco giallo e le zampe arancione che fanno un verso insolitamente gentile per un corvo.
Eustachio “De Niro” parte subito per un sentiero che s’inerpica sempre di più, troppo per una comoda passeggiata introno alle tre cime. Ce ne accorgiamo dopo aver già percorso alcune decine di metri. Cerchiamo allora di ridiscendere, tagliando tra le pietre ed i fossati per guadagnare il sentiero che procede più in basso. Rosa, Angela, Carmela ed io arriviamo sul sentiero di sotto con qualche difficoltà. Ci raggiunge più tardi “De Niro”, che ci racconta di aver fatto, più avanti, una discesa assai impervia e pericolosa. Siamo già sudati. “De Niro” ed io decidiamo di proseguire, le ragazze rinunciano e preferiscono fare il sentiero più breve e comodo che porta al Rifugio Lavaredo.
Il giro intorno alle Tre Cime / Drei Zinnen si rivela particolarmente spettacolare. E’ bello quello che c’è intorno, sono belle le Tre Cime. Diversi sentieri tagliano trasversalmente i coni di deiezione delle imponenti pareti rocciose. La pietra si sgretola inevitabilmente e questo processo sembra essere accelerato negli ultimi tempi a causa dell’aumento delle temperature globali.
Tanti i turisti che percorrono questi splendidi sentieri per ammirare un paesaggio davvero unico al mondo. Chiediamo qualche informazione su quanto ci resta da percorrere e ci rispondono una volta in spagnolo, un’altra in russo, un’altra ancora in francese. Ci fermiamo per consumare il nostro panino intorno a un laghetto ai piedi delle cime.
Avvicinando lo sguardo con un binocolo, mi accorgo che due rocciatori stanno scalando la Cima Ovest. La Cima Grande è, come rivela il nome, la più alta, con i suoi 2999 metri s.l.m. Le Tre Cime svettano innalzandosi per sei-settecento metri dal piano su cui camminiamo.
Dopo quasi tre ore di marcia, pausa panino compresa, raggiungiamo il Rifugio Lavaredo per ricongiungerci alle nostre compagne di viaggio.
Sulla strada del ritorno, ci fermiamo al Lago di Misurina, sempre nel Parco Regionale delle Dolomiti di Sesto, nel Cadore, provincia di Belluno. A 1754 metri s.l.m., il lago presenta caratteristiche climatiche particolarmente adatte a chi soffre di patologie respiratorie. Nei pressi del lago si trova l’unico centro in Italia per la cura dell’asma infantile. D’Inverno la sua superficie ghiaccia e vi si può camminare o pattinare sopra.
Per la giornata di oggi abbiamo deciso insieme di lasciare ognuno libero di decidere che cosa volesse fare. Al nostro ritorno, gli altri nostri compagni ci raccontano di essere stati chi in Valle Aurina / Ahrntal, chi a Bressanone / Brixen, chi al castello di Gais. Coloro che hanno seguito Franco sono stati senz’altro fortunati perché hanno visto i castori e le aquile!

Venerdi 25 luglio

Dalla stretta valle, oltre Castel Taufers, parte una funivia che porta sul Monte Spico / Speikboden. Questa è la seconda vera escursione della comitiva in Alto Adige. Tuttavia assume particolare importanza perché partecipiamo tutti, ad eccezione degli amici infermieri che hanno scelto una vacanza senza scarpinate. E poi, con i 2527 metri di Cima Speikboden, raggiungiamo l’altitudine più elevata.
Il dislivello di circa 718 metri e la lunghezza di quasi dieci chilometri ne fanno un trekking di tutto rispetto, anche se sulla cartina è indicato come facile e percorribile in 4 ore e 20 minuti.
Naturalmente ce la siamo presa con comodo, preoccupati di assumere un ritmo adeguato alle nostre forze e di fermarci di tanto in tanto ad ammirare lo splendido spettacolo delle montagne d’intorno. Si tratta di un ampio giro panoramico a tutto tondo, che si compie percorrendo la montagna lungo la cresta.
Mi ha molto colpito il fatto che il sentiero sia costruito su massi della montagna sistemati tutti in modo da formare scale, passerelle, comodi passaggi. Un lavoro ciclopico e certosino ad un tempo. Tutto il percorso, frequentato da numerosi escursionisti, tra cui anche diversi bambini, è scandito dallo scampanellio delle mucche al pascolo. Meravigliose le distese di rododendri in fiore.
Biagio non ha fatto altro che ripeterci, sin dall’inizio della settimana, di salutare tutti con l’espressione tedesca grüss got e così ripetiamo a tutti quelli che incontriamo.
I sentieri sono indicati con chiarezza sui depliant che sono distribuiti gratuitamente a tutti, di modo che chiunque può percorrerli da sé, senza l’ausilio di guide. E’ ovvio che per escursioni più impegnative, come può essere quella su un ghiacciaio che richiede attrezzatura specifica ed esperienza, uno può sempre rivolgersi ad un guida. Ma normalmente questi luoghi sono percorribili in autonomia.
Sarebbe una bella cosa se anche sul nostro Parco Murgia si tracciasse un minimo di sentieristica, corredata da mappe.
Sulla cima Speikboden è issata una grande croce, ma ugualmente non si riesce ad osservare il silenzio per più di cinque secondi, a dispetto del desiderio più volte espresso da Biagio. Durante la pausa per il pranzo al sacco, decidiamo che chi non ha più voglia di proseguire ed effettuare il tour per intero può invece discendere con la seggiovia.
Così, Carmela, Maddalena, Vittoria, Michele, Marisa, Saverio, Enza, Filomena ed io rientriamo prima. Prima di tornare in albergo, però, passiamo da Campo Tures per l’immancabile acquisto dei souvenir da portare a casa.

Sabato 26 luglio

Il viaggio del Falco Naumanni in Alto Adige volge al termine. Per l’ultimo giorno, il “consiglio degli anziani” ha proposto di visitare il Lago di Neves / Nevesstausee, a monte di Lappago / Lappach. E’ un invaso artificiale prodotto da una diga costruita a 1856 metri di altitudine, a ridosso della corona dei ghiacciai dello Zillerlal, che svettano ad oltre tremila metri per diventare, dall’altra parte, terra d’Austria.
Il cielo è coperto, ma si sta bene ed il giro intorno al lago è incantevole. Franco e Margherita si sono fermati con il cannocchiale, con la speranza di avvistare qualche volatile raro, magari un’aquila.
Tutt’intorno al lago sono state piantate delle tabelle didattiche che forniscono notizie su flora, fauna e geologia del luogo, oltreché sui ghiacciai. Ghiacciai che si stanno ritirando e che fra 70-100 anni, si stima, saranno del tutto scomparsi dall’arco alpino.
Con Franco e Margherita, appassionati birdwatcher, osserviamo un codirosso, insolitamente confidenziale, prima di fermarci alla malga per un piatto di minestra e uno strüdel davvero squisito.
Mi dispiace per Angela, ma neanche qui servono gli strüdel con la panna come a Bolzano. Così buona non l’ha più gustata.

(Cosimo Buono)