Solitamente, quando si pensa al trekking viene in mente la montagna, con le sue cime esposte al sole spietato dell’estate e ai venti gelidi dell’inverno, con le sue solitudini e i suoi silenzi. Raggiungere la montagna a piedi significa intraprendere lunghe scarpinate in salita per impervi sentieri. Così, ho immaginato un trekking che inizia da un estremo ed arriva ad un altro estremo: che parte dal mare per approdare sulle cime che lambiscono il cielo, ambienti naturali entrambi di cui la Basilicata ancora gode. Naturalmente senza trascurare la collina di mezzo, dagli ultimi speroni di murgia ai desolati paesaggi, che sembrano appartenere ad altri mondi, dei calanchi. Un trekking che raccoglie stimoli e suggestioni di questa terra per procedere a modo nostro, seguendo ognuno il ritmo del proprio sentire.
Il percorso è lungo e faticoso e attraversa tutti i momenti di una giornata, dall’alba al tramonto, perfino la notte. E tutte le stagioni, dalla primavera all’inverno, con le diverse condizioni meteo, come la nebbia o il sole abbagliante. E ci s’imbatte negli elementi della natura: l’acqua, la terra, l’aria, il legno, la roccia.
Il percorso è articolato nello spazio come nel tempo e tocca luoghi e segni che ci riportano al passato. Sono le tracce della storia dell’uomo, una storia di migrazioni e di scambi. Dai greci che stabilirono le loro case sulle prime colline dopo la costa jonica, come Montescaglioso, e si fusero con le popolazioni indigene (la collina di Timmari), dagli insediamenti rupestri di natura religiosa e pastorale lungo la profonda incisione murgiana della Gravina alle architetture monastiche erette alle pendici del Pollino (Colloreto), alle più recenti abitazioni rurali abbandonate sotto gli spettacolari dirupi modellati dall’acqua e dal vento delle Piccole Dolomiti Lucane. E tocca le comunità tuttora esistenti, raccolte nei piccoli paesi lucani incastonati come gemme nel paesaggio.
Trekking significa andare piano, avere il tempo di osservare le cose intorno a noi, fermarsi a volte per riflettere ed approfondire. Per ascoltare le note di una terra che a farci caso ci appaiono ogni volta sorprendentemente come nuove. Trekking vuol dire scoprire i luoghi nei loro aspetti moltleplici. Come la flora e la fauna: il tripudio dei colori della primavera; alberi che assumono le forme tormentate dei pini loricati in perenne lotta contro i rigidi venti delle vette, alberi che insieme danno forza ad una creatura affascinante e misteriosa qual è il bosco; gli uccelli che si riposano dal volo e pascolano negli specchi d’acqua, solo se impariamo a tacere essi si mostrano, lanciando messaggi sottili tra i rami oppure proiettandoci altissimi nel cielo tra le ali spalancate di un airone o delle gru in formazione di stormo.
A questi animali selvatici se ne aggiungono altri che attirano non meno l’attenzione, abituati per generazioni a convivere con l’uomo, cavalli e bovini, che però ancora conservano la propria dignità di esseri viventi capaci di godere dell’aria pura e di un pascolo naturale. Non mancano, lungo il percorso, accostamenti singolari, che rivelano la ricchezza delle differenze e la sorpresa delle somiglianze: le impronte lasciate nella neve dalle ciaspole per dare leggerezza al passo dell’uomo e quelle di una lepre, dal sapore di fiaba; una parete naturale ed una incisa da una scalinata nella roccia; lo sguardo d’intorno, in bilico su un trespolo, di un uomo e di un pettirosso; la tormentata forma di un pino loricato e la sua “imitazione bonsai” da parte di un cespuglio di timo; i muri a secco costruiti dai pastori della murgia e quelli degli abitanti delle montagne. Quando si sale, l’orizzonte è un miraggio sul monte che si erge davanti a noi e raggiungere la cima equivale a conquistare quell’orizzonte. Ma basta poggiare un attimo il piede lassù per scoprire che il punto di arrivo altro non è che un punto di partenza, che spazia verso panorami inaspettatamente vasti: lo sguardo si apre allora in ogni direzione e si sente il bisogno di arrestarsi a lungo a contemplare per rendersi conto con meraviglia della vastità della bellezza che ci circonda. Siamo arrivati alla frontiera, laddove la terra sfiora il cielo. E’ musica per i nostri sensi. Uno alla volta tutti i componenti del gruppo vengono su tra le nuvole con il cuore sgombro da pensieri. Per regalare un sorriso al jazz.
Cosimo