Dal 17 al 27 Luglio alcuni soci dell’associazione TFN partiranno alla volta dei Monti Tatra! Di seguito una testimonianza di Mimmo Pandolfo:
“I Monti Tatra sono stati per noi una scoperta in tutti i sensi: ambientale, umana, storico-culturale. Avevamo messo in programma il viaggio già nel 2006 ma per una serie di contrattempi legati soprattutto alla logistica dei trasporti dovemmo rinviare. L’anno successivo Skyeurope aprì uno scalo da Napoli a Bratislava. A quel punto ci mobilitammo e riuscimmo ad organizzare il primo viaggio in modo conveniente.”
“Preliminarmente devo dire che nell’economia del viaggio occorre fare una distinzione tra l’area di Bratislava (la capitale) e il resto del Paese. D’altra parte, a Bratislava vige il detto: “Bratislava e poi tutto il resto”. L’area della capitale rimanda ad echi austro-asburgici, almeno per la parte storica dell’abitato, che in verità è a dimensione d’uomo. In una giornata si riesce a visitare un po’ tutto, dal castello di Bratislava, imponente fortificazione arroccata su una collina in riva al Danubio, alle tante stradine del centro storico. Dalla collina si domina tutto il centro storico. Nelle immediate vicinanze c’è la chiesa di St. Martin, bell’esempio di chiesa gotica. Una particolarità: per entrare in questa chiesa occorre pagare un ticket di circa 1,5 euro, credo a causa di mancanza di fondi destinati alle chiese. Si pagano volentieri anche perché i tesori d’arte che custodisce valgono il biglietto. Ad esempio, oltre a tutto il resto, c’è una meravigliosa scultura in bassorilievo in legno raffigurante l’Ultima Cena. Altri elementi di pregio sono il modernissimo ponte ad una campata sul Danubio (lo si vede in tutte le pubblicazioni sulla Slovacchia), il Palazzo del Vescovo (nella Sala degli Specchi fu firmata la pace dopo la battaglia di Austerlitz), il Museo nazionale nello stesso palazzo, la Piazza del Vecchio Mercato con le statue moderne in bronzo molto divertenti (il paparazzo, il cliente del bar, l’operaio affacciato al tombino a pelo di strada, Napoleone appoggiato ad una panchina, etc.), altre chiese più o meno interessanti e il Palazzo presidenziale.
Chi arriva alla stazione resta meravigliato (in negativo) per lo scenario che si presenta agli occhi. Non siamo abituati ad immaginare la stazione di una capitale europea in quel modo dimesso, spartano, di provincia. Se si vola da Napoli a Vienna, il collegamento con Bratislava è poi assicurato da una efficiente linea di pullman che in circa un’ora trasportano i passeggeri all’autostazione (sono circa 70 km e il biglietto costa (costava il 2008) 9 euro. Si può fare il percorso anche con il treno. Nel qual caso occorre arrivare alla stazione ferroviaria (5 euro il pullman) e poi in treno fino a Bratislava (non ne conosco il costo perché non l’ho mai fatto).
Da Bratislava a Poprad (capoluogo di contea o regione, non so) sono circa 400 km. Il collegamento avviene con treni IC, efficienti, precisi e soprattutto lindi (costo del biglietto 2008 poco meno di 15 euro). La gente osserva con curiosità i nostri comportamenti, il nostro chiacchierare divertito, il nostro giocare a carte (napoletane) per loro sconosciute. Il viaggio prende circa 4 ore.
La zona di montagna si raggiunge da Poprad con un moderno e pulitissimo trenino rosso (sul tipo del treno elvetico che attraversa le Alpi Retiche), dotato di ampie vetrate che sono una finestra sul paesaggio (avete presente i tram di Strasburgo?). I costi variano in funzione del tratto percorso, ovviamente, ma mai il biglietto ha superato i nostri 1,5 euro. Le tante destinazioni raggiungibili sono località che fungono da base logistica per fruire la montagna. Le due volte che sono stato sui Tatra mi sono sempre fermato a Nova Lesna, un piccolissimo villaggio tutto dedicato al turismo.
Da Poprad si vede stagliarsi contro l’orizzonte la piccola catena degli Alti Tatra: circa 60 km di lunghezza, da Tatranska Lomnica a Strsbke Pleso (due località che se non identificano gli estremi materiali dei Tatra, sono senz’altro i due centri di riferimento posti quasi agli estremi). L’altezza massima raggiunge con il Gerlachovsky Stit i m. 2.655 slm. I sentieri, ben segnati e soprattutto ben mantenuti, sono tutti ad elevato interesse naturalistico. L’ambiente è tipicamente alpino (i Tatra sono coevi delle nostre Alpi): valli strette custodite da pareti scoscese da cui scendono cascate più o meno importanti, fiumi rapidi e vigorosi, ponticelli in legno per attraversarli, flora alpina (betulle, boschi di conifere che con l’approssimarsi alla quota dei 2.000 diventano striscianti, genziana, varie ombrellifere, Leontopodium alpino, il doronico, la primula Halleri, il giglio martagone, la primula alpina e la Primula dei Tatra). Tra i mammiferi è da citare in primis l’orso: il proprietario della pensione dove sono stato finora mi ha mostrato le foto scattate all’orso su uno dei sentieri che ho percorso anch’io. Il lupo, il cervo, il camoscio, la lince, il cinghiale, la marmotta dei Tatra… il gufo degli Urali, l’aquila, la poiana ed altre specie minori (volpi, martore, etc.) completano il panorama. Ah, dimenticavo: come su tutte le montagne europee si può trovare anche la vipera comune. Personalmente non l’ho mai vista nei due viaggi, sicuramente a causa del transito degli escursionisti sui sentieri.
Sui sentieri sono presenti diverse baite che offrono pasti, bevande e all’occorrenza ospitalità notturna (ovviamente su prenotazione) a prezzi senz’altro abbordabili (un piatto unico con una birra media da mezzo litro circa 7 euro) visto che tutto viene trasportato a spalla dai centri vicini, mentre il pernottamento varia da 10 a 25 euro per notte (dipende dalla location e dalla classifica della baita).
A proposito del trasporto delle vivande, ogni tanto sui sentieri si incontrano giovani per lo più caricati fino all’inversomile di masserizie: birra, bombole del gas, carne, etc., il tutto accatastato su impalcature di legno a mo’ di zaino per un compenso per viaggio di poco più di 15 euro! Per questi giovani, ci hanno informato, è piuttosto una prova di forza che affonda le radici nella tradizione. Il record assoluto stabilito è di circa 210 kg. trasportati in un solo viaggio fino a Skalnate pleso (pleso significa lago).
Il panorama che offrono i Tatra è veramente godibile, un mix di rocce levigate su cui non è raro avvistare cordate di alpinisti impegnati a superare anche pareti di 300 mt di altezza, corsi d’acqua, fiori, arbusti ed alberi, e soprattutto una variegata partecipazione di trekker di ogni nazionalità: il primo anno ne trovai uno proveniente da Israele. Generalmente la quota di partenza è compresa tra i 1.100 e i 1.300 mt di quota e l’arrivo può arrivare fino a quota 2.200, ove immancabilmente si trova una baita, rifornita di tutto punto, con laghetto alpino a corredo.
I sentieri ben si prestano ad essere percorsi anche solo in parte, senza arrivare necessariamente alla quota massima, per cui chi non si sente tanto ardimentoso da voler arrivare alla fine del percorso, può decidere di fermarsi ad un punto intermedio e gustare un piatto della tradizione culinaria locale presso una delle tante baite. I tanti villaggi pedemontani sono destinazione di flussi turistici di matrice culturale. Ognuno di questi centri mette in bella mostra un maniero con annesso museo ben organizzato, un centro storico ottimamente conservato, chiese dotate di campanili con carillon giganti che suonano le ore 17 avvolgendo l’atmosfera di un morbido suono. I trasporti pubblici, per quanto non frequenti, consentono di muoversi con efficienza: basta organizzarsi. Unico neo è la lingua per interloquire. Non tutti parlano inglese, il tedesco è abbastanza diffuso. Anche se a volte si fatica a superare le difficoltà linguistiche, le stesse si superanno perchè la gente è ben disposta a collaborare.
A parere mio, il viaggio in una terra per noi completamente nuova non può prescindere dall’intervallare escursioni in montagna con la scoperta dell’intorno storico-culturale. Il castello di Kezmarok, il percorso del gotico (elevato a patrimonio dell’umanità e per questo protetto dell’UNESCO) con i centri di Spissky Stvrtok (chiesa di San Ladislao e cappella di Zapolsky), Levoca (si pronuncia LEVOCIA – chiesa di San Giacomo, Municipio, Museo), Spisske Podhradie (castello di Spis – la fortificazione distrutta durante le guerre napoleoniche ed oggi recuperata occupa circa 4,5 ettari di superficie, è il più grande insediamento militare di quella parte d’Europa -, chiesa della nascita della Vergine Maria), sono mete da visitare senz’altro, anche sfidando la pioggia come è capitato a luglio scorso.
Arrivi a Poprad e scopri che il capoluogo della regione di Spiske è attrezzato di un impianto termale modernissimo. Con una modica spesa (l’anno scorso abbiamo pagato 13 euro per un pacchetto di fruizione di circa 4 ore) si accede a un centro indoor e ad una serie di piscine en plein air, con acqua riscaldata da 20° a 38° con idromassaggio: una vera chicca. Se si pensa di passare una giornata occorre portarsi dietro ciabatte di plastica e un accappatoio (del tipo leggero di cotone a nido d’ape per aver meno ingombro). Essere immersi fino al collo in un bagno caldo mentre fuori l’aria è frizzante in pieno luglio (si è sempre a poco meno di 900 mt slm.) è una grande esperienza.
In ultimo la ristorazione, che prevede il classico menù del centro-nord Europa, con piatti unici che sono più che sufficienti a soddisfare la fame di una giornata in montagna. Comprendono carne (dal vitello al pollame o il pesce di acqua dolce – trota o salmone) con verdure preparate in vario modo, patate fritte, insalate. Da assaggiare il goulash: è buonissimo. Il pane occorre chiederlo più volte: per quanto buonissimo (di grano o di segale) non ne consumano molto e comunque lo portano a richiesta dopo la prima somministrazione. Si possono consumare anche vari tipi di dolci locali a fine pasto che sono da scoprire: generalmente si sposano con i nostri gusti. Anche i bicchieri di fine pasto, acquavite, schnaps, vodka, etc, non mancano mai. Esiste pure il vino ed è pure buono (il tokai, per esempio, o i bianchi tipo il traminer), ma generalmente si beve birra alla spina che è fresca e accompagna bene i piatti.
Volevo essere stringato ma forse mi sono lasciato prendere la mano dai ricordi e dall’entusiasmo.”
Mimmo Pandolfo
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