Ma chi ve lo fa fare? Le risposte

Angelica Castello

PINO LORICATO

Sei in cima … lontano da un riparo

con la tua grande chioma

i tuoi grossi aghi e la tua spessa corteccia.

Mi sento avvolta nel tuo mistero

e nel tuo aspro profumo…

sei il segreto della silenziosa lotta al destino,

che sa vincere e resistere alle avversità …

i tuoi rami pendono verso l’orizzonte,

verso un privilegio assoluto e unico…

unica è la tua forza!!!!!

Liberamente tratto e modificato da un messaggio di

Antonio Guanti

Il silenzio della montagna

ho bisogno di faticarmi la salita,

di arrivare sulla cima,

guardarmi dietro e finalmente sospirare di serenità

contrariamente a quanto accade nella vita …

la montagna regala un silenzio che parla molto più di mille umane parole

ci avvicina al cielo

ci stacca da questa materialità pesante

che blocca l’anima su questa terra, una zavorra ingombrante

che lassù perde un pò del suo peso e lascia che lo spirito si rinfranchi.

Carlo Fioroni

Di Margherita in margherita, la mia risposta,

che mi suggerisce un mistico errante del ‘600, Angelus Silesius,

non è profondamente diversa, mi sembra,

da quella di un montanaro valdostano dell’epoca eroica dell’alpinismo. L’uno scrisse : “La rosa è senza perché. Fiorisce perché fiorisce.”

L’altro disse, a chi gli chiedeva perché mettesse in gioco la vita su quella montagna là – il Cervino -, alla metà dell’ ‘800,:

” Semplicemente perché è là “.

Cosimo Buono

Perché al  termine di ogni escursione mi sento stanco, ma ricaricato di energie nuove e di buon umore, con tanta voglia di progettare nuove esplorazioni.

Quando mi alzo, spesso dubito delle mie forze e si insinua il dubbio che l’escursione da affrontare sia troppo impegnativa. Mi chiedo se poi mi pentirò di non essere rimasto a casa. Ma ogni volta vengo smentito e scopro le risorse del corpo umano, che il tempo ha modificato ed evoluto forgiandolo per camminare. Il mio ardire è ripagato dalla Natura che mi sorprende ogni volta con piccoli grandi regali e la fatica patita se ne va per far posto al godimento.

Perché ho incontrato un lago blu di ineffabile incanto come lo sguardo più profondo che abbiano mai incrociato i miei occhi. Per un fiore di bellezza inaspettata, maculato del purpureo pulsare che si specchia nelle mie vene. Per lo scrosciare delle acque dalla rupe, che non si ferma e che non stanca.

Perché sono contento di aver ritrovato il sentiero, che avevo del tutto smarrito. Non ho perso la testa e fiduciosamente ho messo in gioco le mie risorse. Perché ogni volta non so chi sono se non mi metto in gioco senza avere già in tasca il risultato.

Quando sommessamente piove, per la sorpresa e il suono dell’acqua senza tuoni che senza riserve si abbandona tamburellando sulla verde volta della faggeta. Camminando a lungo, ho messo a dura prova giunture e articolazioni ed ora un ginocchio mi fa male. Ma spero intensamente che possa passare in questi undici giorni che mi separano dalla prossima escursione.

Non ci sono risposte definitive e anche quelle che sembrano tali poi passano in secondo piano. Ogni volta cerco la mia risposta.

Donato Casamassima

Pensieri su : “chi me la fa fare?”

La mia prima volta del “chi me la fa fare” coincise con la prima escursione  sul Pollino. Era il 1° maggio 1986, una gita organizzata insieme a 50 persone che non conoscevo, con l’autobus si arrivò al rifugio De Gasperi di Piano Ruggio, avevo accettato di partecipare con molta riluttanza, per accontentare un collega di lavoro, che aveva molto insistito sulla mia partecipazione.

Quasi tutti fecero la passeggiata al Belvedere , in 5 o 6 salimmo  dall’Impiso fino ai Piani , non ero allenato per niente,  non si arrivava mai, non so quante volte ho ripetuto “ma chi …”             Arrivati a Piano Toscano, pensavo si tornasse indietro invece proseguimmo , i primi pini loricati,   le foto sotto l’albero simbolo del Pollino, bruciato in seguito da delinquenti, la breve sosta, poi il ritorno .

Il giorno dopo l’escursione, non pensavo più alla fatica,  mi sentivo appagato, mi sembrava di avere partecipato ad una grossa impresa … fu comunque … amore a prima vista.

In seguito la frase del “chi …”, me la sono posta ancora soprattutto in situazioni particolari, la prima volta al Raganello, dissi che non ci tornavo più , invece sono ritornato 2 volte …

La prima notturna su Serra delle Ciavole, avevo convinto 2 amici, partimmo da Metaponto, dopo la fatica per salire, aspettavamo l’alba per niente attrezzati con un freddo cane, bagnati, e a ripeterci “ ma chi ce l’ha fatta fare?”

Le “sofferenze” della notte lasciarono il posto ad una bellissima alba, il tepore del primo sole, i fiori multicolori, le orchidee, i cavalli, la discesa “dolce” verso i Piani … Tornati  nel carnaio e la calura di Metaponto, si pensava con nostalgia alla notte, al freddo, alla solitudine, agli alberi…

Sono passati tanti anni dalla mia prima volta in montagna, spero di andarci ancora per molto,   il sudore, la fatica ,  il sole , la neve, la nebbia, i sentieri, le cime, gli amici, lo zaino, gli scarponi, le emozioni, la natura, la tristezza, la gioia, la nostalgia … mi fanno compagnia, e mi spingono a dire:

“ma chi me la fa fare a NON andare in montagna?

 Franco Rizzi

Carissima e stimatissima Margherita,

apro questa mia nota con uno trafiletto che a suo tempo scrissi, ai noi,  per una triste occasione e che  contiene la risposta alla tua domanda.

Queste argomentazioni, sono il sale della vita, sono il catalizzatore per far si che ogni essere umano si fermi un attimo e rifletta intensamente su tutto quello che la vita terrena gli riserva. Noi trekker abbiamo un punto di vista privilegiato, in quanto possiamo soffermarci a riflettere dall’alto di un monte, dall’estremo di una radura o dal profondo di una gravina , tutto ciò aiuterà senz’altro la riflessione. la tua domanda giunge a proposito in questi giorni, appunto, al rientro da una di quelle esperienze,

“ Santiago de Compostela”, per le quali,  i non addetti ai lavori, sarebbero autorizzati a proclamare la fatidica frase “ ma chi te lo fa fare. In questi giorni, con una vistosa scritta sul  camper, ho immortalato ancora una volta la risposta alla tua domanda. Chiaramente, per gli addetti ai lavori, le esperienze possono essere molteplici, ma tutte seguono il filo conduttore della tua domanda, tutte sono oggetto  di una molteplicità di risposte, tutte riflettono la personalità del protagonista.

Da molto tempo seguo il concetto che,  espresso in una frase composta da tre semplici parole,  racchiude tutto quello che si può esprimere in un lunghissimo monologo.

Ritengo sia una grande fortuna e  per certi versi, un gran dono, partecipare alle manifestazioni della vita, cogliendo quella molteplicità di sfumature che rafforzano lo spirito traducendosi in pace e tranquillità, offrendo la possibilità di rispondere alla tua domanda, esclamando:

“sai … c’ero anch’io”.

a cura di Giovanni Lacertosa

Chi te lo fa fare

10 buoni motivi per alzarsi alle 6.00 di domenica mattina, percorrere 15 km con  600 metri di dislivello,

  • per conoscere tanta gente
  • per degustare, insieme, del buon vino in vetta al Monte Alpi
  • per raggiungere un obiettivo
  • per dimagrire
  • per rivedere le foto sul sito e sorridere
  • per tenere la mano di Luca e rispondere ai suoi interrogativi
  • per ascoltare il vento, di notte, sopra le foglie
  • per discutere, comprendere, apprendere
  • per non rischiare di rimanere in fila in auto
  • per non avere bisogno dell’aria condizionata

Margherita Sirritiello

SENTO

Il cuore battere forte

Il respiro accelerare il ritmo

Il rumore dei miei passi

Il vento che porta via i pensieri

SENTO

Il sole che mi riscalda il viso

Il freddo che mi gela le mani

I muscoli contrarsi

La stanchezza arrivare

SENTO

Le voci degli amici

Il sapore dei dolci di Vittoria

SENTO

Semplicemente, intensamente

SENTO

 Marisa Catenacci

E’ un impulso apparentemente istintivo ed inspiegabile quello che mi invoglia, ogni tanto, a rinunciare al mio consueto riposo domenicale . Ma se provo a riflettere sui moti del mio animo, quelli che poi in realtà danno un vero senso alle mie scelte e comportamenti, scopro un universo di profondi sentimenti. Non è soltanto il diffuso e comune  desiderio di tuffarmi a capofitto in un mare di  profumi, colori e suoni ciò che mi sollecita ad alzarmi di prima mattina, quanto piuttosto  la voglia di recuperare una parte di me che la frenetica e confusa vita di tutti i giorni corrode e impoverisce riducendola a sprazzi di interiorità mal vissuta e non  assaporata.

“Essere o non essere: questo è il problema”  sentenzia il grande Shakespeare ed io aggiungo: quando, come e dove noi riusciamo ad essere davvero ciò che siamo?

Quasi per niente negli ambienti di lavoro in cui il compromesso regna sovrano, poco nelle amicizie il più delle volte interessate, un po’ di più nella famiglia se siamo riusciti a farla crescere nei pochi ritagli  di tempo sottratti al duro e faticoso lavoro quotidiano.

Ma può succedere, come di fatto succede,  che nella famiglia vengano  scaricate le forti  tensioni assorbite nel sociale talchè si rende necessario trovare altrove  la linfa rigeneratrice di più sani equilibri e valori.

Quando suona la sveglia alle ore 6 di una domenica mattina, mi alzo perché laggiù, tra i boschi e i declivi, devo andare a riprendermi quella parte di me che mi manca, quella che mi fa sentire più viva, più allegra,  più vera, più libera, più in pace con il mondo.

E’ come librarmi nell’ aria, finalmente libera dai lacci e lacciuoli che imprigionano la mia spirituale essenza. E così mi trasfondo negli alberi, nei fiori, nei mari e nei fiumi, negli incessanti voli dei gabbiani.

E può succedere, come nell’ ultima gita  alle splendide Isole Tremiti, che il cuore si congiunga alla mente rievocando bellissimi versi di arcana memoria.

Non so dove i gabbiani abbiano il nido, dove trovino pace.

Io son come loro, in perpetuo volo:

la vita la sfioro com’  essi l’ acqua ad acciuffare il cibo.

E forse come anch’ essi amo la quiete, la gran quiete marina.

Ma il mio destino è vivere balenando in burrasca.

Nicola Giordano

Salve a tutti, ho letto con molto piacere la lettera di Margherita, nella quale evidenziava il pensiero di molte persone che nel sentire raccontare la fatica delle nostre escursioni, molto spesso esclamano la fatidica frase “ ma chi te lo fa fare?”.

Per rispondere a questa domanda, uso una frase che i tifosi napoletani scrissero sui muri del cimitero, nel periodo di Maradona:”Uagliò che vi siete persi”.

Uso in cuor mio questa frase, quando arriviamo in cima , dove molto spesso si gode di un panorama mozzafiato, quando camminiamo di notte, specialmente se ad attutire i nostri passi è una spessa coltre bianca, quando facciamo la sosta pranzo che per certi versi mi riporta al periodo dei pic-nic che facevo da bambino, quando a primavera è facile trovare le valli nel pieno delle fioriture, quando hai la fortuna di vedere il “Patriarca”, quando vedi i ruscelli in piena, e così via. E’ fuori dubbio che alla base di tutto c’è la passione per quello che facciamo, quella passione che ti permette di alzarti prestissimo la domenica mattina, di affrontare itinerari lunghi e salite ”spezzagambe”, che ti fa camminare sotto la pioggia, quella passione che ti fa arrivare in cima con il fiatone e non ti fa dire “ ma chi me lo fa fare? “. Però tutto questo non sarebbe stato possibile se non avessi avuto la fortuna di trovare degli ottimi amici d’avventura; il mio ringraziamento va a tutti coloro che ho conosciuto in questi anni di escursioni, persone splendide nella loro semplicità.

Njk (Nicola Montemurro)

Svariati sono i motivi che mi portano a relazionarmi con l’esterno:

soddisfatto l’incontro con Morfeo, il picco mattutino di testosterone aumentato dal fotoperiodo, il carattere irrequieto, il bisogno di liberare energia fisica in spazi aperti – spaziare con la mente, ideare un percorso mentale o a piedi-, il pensiero è più veloce del web e dei suoi motori di ricerca (1 miliardo di collegamenti ritrovati in 1 frazione di secondo); percorrere ideali di socializzazione, condivisione e sensibilizzazione; essere sensibili alle note delicate dell’esistenza.

A passo cadenzato e adeguatamente sostenuto, avventurarsi lungo un sentiero di campagna, costa o riva, landa assolata e steppica, sabbiosa, rocciosa, di bosco in montagna. Siamo già stati in questo posto, ma è sempre piacevolmente diverso, vuoi che sia cambiata la stagione, o il plenilunio, o anche la compagnia.

Il camminare come desiderio d’intensità di vita, metafora della stessa; la ricerca di quanto a noi più confacente: è come attingere da una fonte preziosa, e tramite un caleidoscopio incanalare l’esperienza nella nostra anima, filtrando per poi custodirle le peculiarità a noi più simili.

L’escursione è quanto ci accomuna ai partecipanti, ci identifica come gruppo coeso, ed anche  a tutti gli esseri già esistiti e che esisteranno ( è così che si abbatte la barriera spazio/tempo), un mezzo per condividere sensazioni provate nel tragitto: fascino, meraviglia e stupore, allegria in tranquillità, beatitudine, misticismo e ascesi: laude al creato è ringraziamento al Creatore.

Viaggiare nel mondo e nel cuore d’altre genti è il miracolo della moltiplicazione di quanto ci occorre per vivere, perchè l’appropriazione aumenta le risorse senza sottrarle, bensì valorizzandole e disponendole modo che ognuno ne abbia, ne goda e ne benefici.

Il viaggio come forma democratica di conquista del mondo, l’escursionismo come occasione di conoscenza e conquista della persona amata:

viaggiando si conquista il mondo per deporlo ai suoi piedi.

Piero La Salvia

Penso che non esista una motivazione vera … ovvero fa’ parte della natura umana. E’ una passione che ti fa’ alzare anche alle 5 oppure non dormire per vedere il sole sorgere dalle nuvole o uscire dietro le creste delle montagne.

E non importa dove ti trovi ma l’importante che si stia a contatto con la natura….

Andare a dormire pensando ad alzarsi per andare a “camminare”.

Costringe il tuo corpo ad entrare in sintonia con la tua mente.

Pensare allo zaino, al frugale pranzo da consumare in cima, all’itinerario: sarà semplice o difficile?

Inizia il sentiero, cinque sei ore di sensazioni che non provi sempre…ascoltare il silenzio della montagna, i rumori del bosco

Sono contento perchè sono in cima. Da solo o insieme agli amici. Per una via che si è rivelata difficile, impegnativa.

Non ho fatto nulla, in realtà.  Ma sono contento. Perchè “dovevo” farlo. Se non lo avessi fatto … non so… ci sono cose nella vita che senti che devi fare… non sempre ci riesci, a volte, abdichi, ed è una sconfitta. A volte provi, e tutto è perfetto. E sei contento di sentirti vivo

Infine rispondo:

Perché per me è la metafora della vita (una meta da raggiungere, la strada da percorrere, salire e scendere e poi risalire e ridiscendere, la gente che condivide con noi i tratti più o meno lunghi…). Vado in montagna perché i problemi della vita sono pesanti ma camminando sembrano più leggeri. Perché mi fa sentire libero e mi fa piacere sentire il mio corpo che lavora come una macchina perfetta.

Perché la natura sa sempre stupirmi ed ogni volta… torno bambino.

Citazione finale

“….le montagne non sono eterne, non sono immobili nella loro gloria. Non sono affatto capisaldi immutabili: nascono, crescono e soccombono all’assalto del tempo, come tutti gli esseri viventi. E’ la Terra che le crea, in cicli che continuano a ripetersi nel tempo. Ci sono montagne giovani e montagne vecchie. Alcune sono scoscese, altre arrotondate. La loro originalità e la loro bellezza derivano dal fatto che aggiungono ai paesaggi la dimensione verticale…..”  – Paul Tapponier – geologo – “Montagne, le grandi opere della terra” Ed. TCI 2206

e per finire veramente:

“Il grande ritmo della natura pervade tutto, e l’uomo ne è intimamente coinvolto sia nel corpo, sia nello spirito.”   Lama Anagarika Govida, La via delle nuvole bianche.

Pino Perrone

… è certo che per me la salita, la montagna, il raggiungere una meta (non necessariamente una vetta), affrontare un percorso faticoso che mi vorrebbe far mollare ad ogni passo e li ad ogni passo a pensare “ un altro ancora, un altro mezzo metro, ancora un po’ …” è per me la metafora della vita: come ogni montagna, ogni sentiero, ha il suo momento di salita, di discesa, di sforzo e di riposo, di sacrificio e di appagamento così la vita alla stessa maniera mi propone sempre salite e discese, tristezza e gioia, sacrificio ed appagamento: vorrei che questo capissero, prima i miei figli, poi tutti coloro che mi chiedono “ma chi te la fa fare”: niente viene per niente, se cerchi trovi, se sali e cerchi vedrai dall’alto, se cerchi, sali ed impari ad osservare dall’alto tutto sembrerà più chiaro: ma bisognerà arrivarci prima: non sempre è possibile! Ed allora bisogna conoscersi più che conoscere, accettarsi ed accettare (così difficile quando ci si sente forti): perciò vado in montagna per sentirmi piccolo davanti al creato e comprendere le debolezze mie e di quelli che mi stanno accanto, patire e pazientare, sforzarmi col sorriso: avanti è la vita, avanti troverò quel che cerco … questo mi piace pensare.

 Rocco Castellano

Che bello alzarsi alle 6 di mattina. Osservare il cielo e vedere i primi raggi del sole che fanno capolino tra le nuvole e non sentire il frastuono delle auto. Mettersi in auto (la cosa più sgradevole ma necessaria per recarsi sul Monte Apollo). Arrivare al Colle dell’Impiso e non trovare nessuna automobile, sentire il profumo dell’aria. Iniziare il cammino verso il Colle Gaudolino bevendo un sorso d’acqua fresca alla sorgente Spezzavummola, ammirare la maestosità del Monte Pollino con la sua parete ovest con i pini loricati aggrappati alla nuda roccia. Salire verso il Pollinello e ammirare il Patriarca con la sua maestosità e bellezza. Da lì proseguire verso la cima del Pollino, da cui si ammirano tutte le cinque vette che superano i duemila metri. Il Dolcedorme con la sua forma sinuosa, le Ciavole e il Crispo a guardia della Grande Porta, con il simbolo bruciato dalla stupidità umana. Il profumo dei prati Toscano in fiore con mucche e cavalli che pascolano. il volo del corvo imperiale e del grifone. La Serra del Prete con la sua grandiosità e la catena dell’Orsomarso in lontananza. Dalla cima si vede il cielo e il mare che si incontrano in un unico colore. in beata tranquillità rifletto sulla stupidità di chi rincorre miraggi aleatori che non ti lasciano nessuna sensazione nell’anima e nella mente.

 Rocco Oliva

I perché sono tanti ed a volte in contrasto tra di loro, cercherò di spiegarteli a cominciare dalla prima escursione che ho fatto con l’associazione (a delinquere di stato naturalistico) su invito di Franco.

Come ben sai di “uscite” del genere ne facevo anche prima con gli amici di Montescaglioso. I motivi principali erano la voglia di uscire, di vedere posti nuovi(il Pollino per me sino ad allora era solo il nome di una montagna ed il Dolcedorme un punto interrogativo), di mettermi alla prova, dimostrare che ero capace di orientarmi in mezzo a quelle cime, per me del tutto ignote, e di perdermi nella bellezza di quei paesaggi. Per questo e per altro ho accettato di uscire con la Falco Naumanni (accidenti per memorizzarne il nome ci ho messo un secolo). Dopo la prima uscita i motivi sono cambiati. La voglia di imparare cose nuove e di fare il “so tutto io con gli amici” mi ha dato una nuova carica. Oggi a distanza di alcuni anni riconosco con un solo colpo d’occhio le cime principali del massiccio, alcuni sentieri non segnalati, il nome di molte piante e il nome di tante persone, che come me, amano queste “uscite anche per il solo gusto di incontrarsi e di scambiare

4 chiacchiere. La carica che mi dà una escursione mi basta per contenere lo stress quotidiano per un buona settimana, questo insieme al piacere della compagnia , alla voglia di conoscere posti nuovi e gente nuova ed ad altri molti buoni motivi mi carica la sveglia alle 06.00 del mattino e mi permette di alzarmi (assonnato) con una energia tutta nuova. Per cui saluto  tutti i falchi e falchetti ed un arrivederci alla prossima escursione.

Rosa Di Pede

Domanda al contrario:

Perché non sono andata alle gole del Raganello?

Mi sono lasciata suggestionare dalle difficoltà prospettatemi e ora sono qui, pentita per non aver avuto la forza e la determinazione che mi caratterizzano e svegliata ugualmente dalla tua telefonata, ho deciso di completare la risposta (già un mese fa iniziata) alla fatidica domanda:

“Chi me lo fa fare”

La fatica di buttarsi dal letto, il primo “vaffanculo” al suono della veglia sono ripagati, ormai dall’esperienza pluriennale, dal grande beneficio successivo. Non mi sono mai pentita di aver intrapreso l’avventura, anche quando il tempo atmosferico non è stato propizio, anche quando la meta non mi ha particolarmente entusiasmata, perché, comunque ho provato giovamento e nuove sensazioni. Non c’è mai stata una giornata insulsa e vuota.

Sento la natura come nutrimento, generatrice di energia vitale, mi carica per un’intera settimana e posso riprendere il ritmo quotidiano con più serenità. Quando la sera ritorno a casa stanca, mi sento appagata, piena, più ricca e se mi capita di sentire mia figlia, le comunico tutte le sensazioni della giornata e lei ironizza e mi prende in giro per la foga e l’entusiasmo che riverso nella comunicazione. Non c’è stagione che non mi lascia con il fiato sospeso, che non mi susciti stupore, non risvegli l’incanto atavico tipico dei bambini davanti al nuovo. I colori mi fanno impazzire: il vocabolario è carente per dare nomi alla varietà e ricchezza di sfumature e forme di alberi, fiori, insetti, rocce. Le opere d’arte del vento, la melodia dei suoni, le trasformazioni lente o repentine del cielo, i cristalli di ghiaccio mi provocano meraviglia. Ogni uscita riserva sorprese: Dopo una fatica immensa, quando il dislivello è eccessivo, il fiato ti manca e i piedi non riescono quasi a sollevarsi e lotti con il tuo corpo e la tua volontà e poi raggiungi la vetta, lo sguardo si perde nell’infinito, avresti bisogno di più occhi per contenere l’immenso, la ricchezza e la bellezza che ti avvolge. C’è un riposo della mente: i pensieri che si accavallano e si contorcono non lasciandoti in pace nemmeno la notte, sembrano momentaneamente congelati, fermi. La natura, a volte, cosi violenta e devastatrice, durante le escursioni ti pulisce dalle incrostazioni di tutti i giorni, dalle abitudini noiose e doverose, dalle angosce quotidiane e ti regala la quiete, ti rilassa, amplia spazio e tempo, scompiglia, crea intermittenze, dilata i sensi e allarga il cuore. Ti senti in armonia con te stessa, con gli altri e l’universo.

Al piacere di scoprire nuovi posti o di rivedere con occhi nuovi e con lo sguardo aperto luoghi già visti, si aggiunge il piacere delle persone che mi accompagnano in questo viaggio che sento accomunate dallo stesso bisogno, dallo stesso entusiasmo, dalla stessa curiosità e gusto per lo spettacolo che ogni escursione ci regala.

Tonio Valentino

Ti rivedrò all’alba di una notte insonne,

spesa, come un bambino, a fantasticar dell’ombre.

Nulla a Te mi avvicina, tuttavia, il mio triste cuore ti cerca

e vivo l’ebbrezza dell’incontro, nella monotonia dell’attesa.

Raggiante apparirai nella fresca luce del giorno,

cangiante nell’umor ma, purtuttavia, paziente.

Nella bellezza del luogo o nella cupa luminosità del bosco

immergerò la mia solitudine solcata da sogni e da silenzi.

Scruterò la maestosità del paesaggio che non rifugge l’insistenza del mio sguardo,

indagherò le solide fattezze di Te che compagna dello stanco passo,

sarai al mio fianco fredda ed austera, quasi distante da ogni mio pensiero.

Poi, d’un tratto,

quale improvvisa folata di vento in una torrida giornata d’estate,

ridesterai dal torpore la calda luce del Cuore,

ripagando ogni sforzo con la purezza del Nostro Amore.