Domenica 06 Settembre 2009
Coordinatori:
- Cosimo Buono
- Giovanni Burgi.
info e prenotazioni: Cosimo Buono (tel.328.8474201).
- Partenza da Matera: ore 06:00 da Piazza Matteotti
- Sosta a Civita: dalle 8:00 alle 8:30 (è possibile riempire le borracce alla fontana pubblica)
- Inizio escursione: ore 9:00 da Colle Marcione
- Durata escursione: circa 10 ore (soste comprese)
- Lunghezza del percorso: km.18 circa
- Dislivello: m.600 circa
- Altitudine: minima m.1235 slm – massima m.1800
- Difficoltà: EE
- Sorgenti per il rifornimento idrico: Fontana del Principe, Sorgenti del Vascello
- Ritorno a Matera con arrivo previsto: ore 22:00
- Numero max partecipanti: 30, con precedenza per gli iscritti all’associazione
Attrezzatura: obbligatorie le scarpe da trekking e vivamente consigliati i bastoncini telescopici. Per l’abbigliamento occorrerà regolarsi a seconda delle condizioni meteorologiche della giornata. Si tenga conto comunque che: occorrerà “alleggerirsi” quando il corpo faticherà in salita e coprirsi invece quando ci si fermerà sui pianori scoperti. In ogni caso: munirsi di giacca a vento leggera, mantellina antipioggia, occhiali da sole e cappellino in caso di giornata soleggiata.
Non dimenticare il pranzo al sacco per la pausa pranzo e soprattutto una borraccia o una bottiglia d’acqua.
Norme di comportamento: i partecipanti dovranno attenersi scrupolosamente alle direttive del responsabile, in merito all’andatura, alla posizione rispetto alla guida ed agli altri escursionisti, al percorso da seguire ed alle soste. Ci troviamo in un’area protetta e sarà richiesto il massimo rispetto dei luoghi attraversati (flora, fauna, fossili) e dell’ambiente naturale in generale ed anche delle persone del posto (pastori, contadini) di cui siamo ospiti, lasciando meno tracce possibili del nostro passaggio (anche i rifiuti biodegradabili dovranno essere riportati a casa).
Si consigliano inoltre: macchina fotografica, binocolo, propensione all’osservazione ed all’ascolto. Sarà richiesto ai partecipanti di parlare a bassa voce e solo in riferimento alla situazione del momento.
N.B.: per motivi di sicurezza non saranno ammessi all’escursione coloro che non possiedono l’attrezzatura minima indispensabile o che non saranno ritenuti in grado dagli organizzatori di parteciparvi. E’ obbligatoria la prenotazione direttamente ai responsabili dell’escursione. Non saranno tollerati ritardi sull’orario di partenza.
I responsabili dell’escursione può modificare il percorso programmato o spostare o annullare l’escursione a causa di sopravvenute necessità.
Le prenotazioni potranno essere effettuate entro venerdì 4 settembre e fino alla concorrenza dei posti disponibili; per i non soci è previsto un contributo di 6 euro. Non saranno ammessi a partecipare all’escursione i non iscritti all’associazione che non si siano preventivamente iscritti e versato il relativo contributo entro il termine suindicato. I non soci dovranno inoltre sottoscrivere entro venerdì 4/9 la liberatoria non essendo coperti da assicurazione.
DESCRIZIONE:
L’itinerario ha inizio in località “Colle Marcione” nei pressi del rifugio del CEA – Centro di Educazione Ambientale del Pollino. Dal pianoro sotto Timpa di Porace si ammira l’ampia estensione della Fagosa che, situata nella parte alta della valle del Raganello alle pendici del Monte Manfriana, di Serra Dolcedorme e di Serra delle Ciavole, guarda a Nord Est.
Una tabella, sistemata dal CAI di Castrovillari, sulla strada montana proveniente da Civita indica l’itinerario 941 per il Monte Manfriana. Si intraprende la sterrata così indicata che sale di oltre 150 metri verso la faggeta fino a Piano di Ratto Piccolo.
A Piano di Ratto Piccolo si incrocia la strada forestale, che si intraprende svoltando a destra. La forestale prosegue nel bosco mantenendosi sostanzialmente alla stessa quota altimetrica. Si attraversa l’ampia radura di Colle di Ratto Grande e dopo circa un’ora di cammino (poco più di due chilometri) si arriva alla copiosa fontana del Principe, dove ci fermeremo per una breve sosta.
Si torna indietro sulla forestale di circa cinquecento metri per intraprendere, in fila indiana, una mulattiera che sale, completamente immersa nel bosco. Il sentiero, che sale dolcemente di 150 metri in poco più di un’ora (km 2,5 circa) fino alla piccola radura delle sorgenti del Vascello, si presenta in alcuni tratti poco visibile ed è questa la difficoltà principale che richiede la massima attenzione nel mantenere il gruppo unito onde evitare il rischio che qualcuno possa perdere il contatto con gli altri e smarrirsi.
Alle sorgenti del Vascello è prevista un’altra breve sosta. A monte delle sorgenti, a pochi metri oltre la radura, ci sono i ruderi di un fabbricato della Forestale. Si superano i ruderi, lasciandoli sulla propria destra, per riprendere la mulattiera che prosegue in una salita più ripida, lungo l’impluvio, fino a raggiungere, in circa 20 minuti dopo 800 metri lineari e 130 di dislivello, Piano di Fossa.
Al Piano di Fossa, che è un’ampia radura popolata dalla Carlina zolfina (Carlina acanthifolia), è prevista ancora una pausa. Oltre il Piano di Fossa si raggiunge un tratto di faggeta con esemplari dal portamento colonnare e fronde alte e fitte, dove si percepisce chiaramente una temperatura più fresca ed umida.
A questo punto saranno stati percorsi quasi otto chilometri e per raggiungere il Piano di Acquafredda resterà da fare ancora un chilometro circa, il più impegnativo. La salita lungo l’ultimo tratto di sentiero, infatti, si fa ancora più ripida: 180 metri di dislivello da percorrere in circa 40 – 50 minuti.
Il Piano di Acquafredda è un’enorme dolina di origine glaciale collocata a 1800 metri di altitudine sotto la sella che unisce Serra Dolcedorme a Serra delle Ciavole. Oltre che contemplare dal basso l’imponenza della vetta più elevata del massiccio del Pollino, il profilo sinuoso della Manfriana (con il caratteristico tratto dell’Afforcata) e i primi pini loricati che, a pochi passi, si affacciano da Serra delle Ciavole, al Piano di Acquafredda si resta stupiti davanti agli “alberi serpente”, tra più belli del Parco. Si tratta di faggi il cui tronco, per effetto del peso della neve durante la stagione invernale, ha assunto nel tempo un andamento sinuoso come il corpo di un serpente.
Dopo la pausa pranzo, si riprenderà il cammino effettuando lo stesso percorso dell’andata. Al ritorno, poco prima di raggiungere Colle Marcione, si potrà ammirare la spettacolare parete di roccia della timpa di San Lorenzo (e poco più lontana, sulla sinistra della prima, quella della Falconara) illuminata dal sole del tramonto.
NOTE: La Fagosa è un bosco puro di faggi tra i più estesi del Pollino. Situata nell’alta valle del Raganello, ricopre le pendici delle montagne che la circondano, dalla Manfriana fino a Serra di Crispo e Toppo di Vuturo, interessando la fascia altimetrica che va dai 1200 ai 1900 metri slm.
Il faggio (Fagus sylvatica) è la pianta arborea dominante nelle aree montuose lungo tutto l’arco appenninico fino alla Sicilia. E’ una pianta tipicamente europea; infatti predilige un clima oceanico, cioè tendenzialmente umido e mite. Esso ha sorprendenti capacità di adattamento, per cui può assumere fisionomie notevolmente differenti a seconda delle diverse condizioni ambientali: caratteristiche del terreno, esposizione, altitudine, piovosità, ma anche l’utilizzo del territorio da parte dell’uomo (pastorizia, taglio e raccolta).
Nel grande bosco della Fagosa si possono osservare esemplari dall’habitus assai differente: individui di piccole dimensioni e con la chioma espansa più a valle, dove il bosco è ancora rado e frequentato dagli armenti; piante a gruppi polmonari; individui giovani in condominio assai fitto a poca distanza l’uno dall’altro; faggi con tronco colonnare, grigio lucido anche con notevole sviluppo in altezza, con piante distanziate tra di loro, grande chioma e notevole copertura del suolo sottostante; imponenti alberi centenari; piante dalla chioma emisferica e le dimensioni di arbusto in prossimità dei crinali; fino agli alberi serpente, dal tronco incredibilmente contorto. Senza considerare gli esemplari marcescenti, crollati (così creando una piccola radura) o rimasti ostinatamente in piedi ancorché non più in vita, spesso ricoperti da funghi e da licheni, che costituiscono nutrimento fondamentale per numerose specie vegetali ed animali.
Le foglie in parte hanno cominciato a cambiare colore e man mano che entreremo nell’autunno perderanno completamente il verde per seccare e poi cadere. Si possono osservare inoltre sulla pagina superiore di alcune foglie delle curiose piccole escrescenze tra il verde e il rosso a forme di pera: sono le galle provocate da un moscerino, il Mikiola fagi. Le femmine del dittero depongono le uova nelle gemme; le larve si fanno strada all’interno delle foglioline inducendole a produrre la galla, in cui si sviluppano nutrendosi del tessuto interno, fino a cadere in autunno insieme alle foglie. Dopo l’inverno, si trasformano in pupe e poi in moscerini adulti.
Il faggio produce dei frutti che si chiamano faggiole appetite in particolare dai maiali (il nome latino del genere potrebbe derivare dal greco faghein (= mangiare) Sono impiegati anche nell’alimentazione umana: si consumano arrostiti come succedanei di castagne, nocciole o mandorle; tostati sono un surrogato del caffè(vedi nota in basso).
A parte i margini delle radure più basse e della strada forestale, dove si possono trovare arbusti di rosa canina, acero, rovo, sambuco lebbio, il sottobosco è assai scarso, se si eccettua la presenza, in questo periodo, del ciclamino napoletano.
Per le popolazioni locali la Fagosa ha assunto nel corso dei secoli il sapore del mito. E’ ciò che proveremo ad ascoltare direttamente dalla sua stessa “voce”, cercando di attraversarla con attenzione e sensibilità.
Il faggio è sfruttato dall’uomo anche in vari altri modi. L’olio estratto dai semi, di colore pallido e sapore dolciastro viene utilizzato come condimento e un tempo come combustibile. Le foglie vengono usate come foraggio per il bestiame, nelle zone con scarsi pascoli. Il legno del faggio, oltre che per produrre cellulosa, è utilizzato come combustibile, messo direttamente ad ardere o trasformato prima in carbonella. Omogeneo e pesante, esso è privo di elasticità ma resistente, inizialmente di colore bianco col tempo rossastro, è ottimo per lavori di tornitura e la fabbricazione di mobili, un tempo era utilizzato per le traversine ferroviarie.