Su Marte o all’Inferno di Dante?

Non avrei mai immaginato di effettuare un’escursione “extraterrestre”. Eppure……

Domenica 27 Febbraio 2011 ore 7.45 (troppo tardi!): gli insonni della Domenica si radunano per una nuova avventura. Si parte. Destinazione: le cave in agro di Spinazzola. Giunti nel punto di ritrovo dopo un breve spostamento in auto, ci dà il benvenuto qualche residuo della recente nevicata, avvertendoci che la temperatura non è proprio tiepida, nonostante il sole. In ogni caso intraprendiamo il nostro viaggio.

Il tempo di sgranchire le gambe e la mia attenzione è attirata da “alberi gialli”. Mi avvicino e mi accorgo che il colore è dovuto alla presenza di licheni che ricoprono interamente e ritinteggiano i rami ed il tronco di quelle piante. A tal proposito Nicola M. ci informa che la loro presenza è indice di buona qualità dell’aria e di umidità.
Facciamo la prima sosta nei pressi di un casolare abbandonato in pietra con muretti a secco, durante la quale i coordinatori ci illustrano il percorso ed il programma di giornata e Cosimo ci comunica l’istituzione della “giornata mondiale della lentezza” per l’indomani, occasione per riappropriarsi e rispettare i propri ritmi naturali.
Riprendiamo il nostro tragitto e cominciamo ad incontrare le prime cave, pseudo-cave dalle pareti di un colore rosso più o meno intenso e doline.
Camminando all’interno di un bosco, ad un certo punto ci troviamo di fronte un panorama a noi molto familiare: ai nostri piedi vi sono pietre di calcare scolpite da acqua e vento, dalle forme più strane. Sembra di essere sulla nostra Murgia, tra i “sassi di Matera” : a casa.
Appena usciti dal bosco, un altro incontro interrompe la passeggiata: tre orchidee all’improvviso sono davanti ai nostri occhi, nonostante la stagione invernale sia ancora in piena attività.
“Lento pede” (come avrebbe detto una mia collega di lavoro), proseguiamo verso l’inghiottitoio, dove proviamo a fare una stima piuttosto approssimata della sua profondità, con scarso successo.
I continui richiami dei coordinatori a rispettare i tempi di marcia, ci fanno rendere conto che stiamo aderendo “troppo alla lettera”, con un giorno d’anticipo, all’iniziativa sulla lentezza, nonostante il tragitto non comporti difficoltà di percorso, essendo praticamente nullo il dislivello e largo e comodo il sentiero. Tuttavia, le condizioni meteorologiche e lo stesso programma invitano a prendersela con comodo e a godersi la giornata e noi accettiamo volentieri l’invito.
Dopo esserci imbattuti nuovamente in un’ampia zona piena di “sassi murgiani”, il tempo per qualche foto ricordo e lasciamo definitivamente il bosco e il “Cavone” e, dopo aver attraversato la strada come un gregge di pecorelle, entriamo all’interno di “Murgetta Rossa”, dove effettuiamo la pausa pranzo nei pressi di una cava. Tra panini e focacce, frutta fresca e secca, tè e vino, cioccolatini e specialità dolci di Tonia, ci ristoriamo e riposiamo, riscaldati e allietati da uno splendido sole.
È tempo di rimettersi in marcia e, ripresi armi e bagagli, ci accingiamo a visitare la cava. A primo acchito, sembra una cava come le altre. Ben presto, però, mi accorgo che non è così. Le dimensioni sono molto più grandi e anche i colori più vari. Man mano che giriamo intorno, dopo la rituale foto di gruppo, avverto di essere di fronte a qualcosa di particolare, ma non so perché. Proseguo e, a un certo punto, vedo una stradina che permette di entrare all’interno della cava. Dopo i primi passi ho bisogno di fermarmi: il panorama che si apre davanti a me mi blocca il respiro e attira la mia attenzione. Ho la sensazione di entrare in un altro mondo e, man mano che avanzo, la mia impressione diventa sempre più forte. Mi sembra di non essere più sulla Terra, ma su un altro pianeta: su Marte, il pianeta rosso. Infatti, di fronte a me le pareti hanno colori molto caldi, che vanno dal giallo all’arancione, dal rosa al rosso con tutte le sfumature possibili e immaginabili. Inizio a sentire caldo con tutte quelle lingue di fuoco che spuntano e fuoriescono dalle pareti. Forse non sono su un altro pianeta, ma nelle viscere della Terra, dentro la sua fornace. O forse mi trovo nel cuore dell’Inferno di Dante?
Non so più dove sono. So soltanto di star vivendo un’atmosfera surreale e inconsueta, che mi dà tanto calore.
Frastornata un po’ da questo paesaggio, continuo lentamente a scendere verso il fondo e ad un tratto l’attenzione è catturata da un grosso masso, con un foro che nasconde e protegge un tesoro: cristalli di calcite che brillano di luce propria.
Riprendo il cammino verso altri angoli e, all’improvviso, qualcosa mi riporta inaspettatamente e crudemente alla realtà: la presenza di pneumatici d’auto, sul fondo della cava, mi ricorda che non sono in un altro mondo, ma sulla nostra Terra, nel nostro mondo “civilizzato” che ci presenta il conto con alcuni dei suoi aspetti negativi. Penso di aver visto il peggio di giornata, ma girando l’angolo mi accorgo che non è così: al peggio non c’è mai fine. Una mini-discarica abusiva è proprio lì di fronte a me, che mi fa rivoltare lo stomaco e, d’istinto, il mio sguardo corre da tutt’altra parte e decido di tornare indietro. Sì alla bauxite e alla limonite, ma no all’”immondizzite”!
Mentre i miei pensieri sono turbati da questo scempio, per fortuna qualcos’altro li distrae. Mi imbatto in una pietra bianca con venature scure, grigio-blu. Sembra un foglio di carta dove un artista si sia divertito con la matita a creare un disegno molto fantasioso e astratto. Rimango ad ammirarlo per qualche attimo, poi mi rendo conto che gli altri sono già abbastanza oltre e riprendo la risalita, lasciando a malincuore il paesaggio incantato per ritornare su, a “riveder le stelle”.
Ci avviamo, ormai, verso le macchine, punto di partenza e di arrivo della nostra escursione. C’è ancora il tempo per incontrare l’ultima cava, con un fondo particolare: ospita, ciliegina sulla torta, carcasse di automobili!…
Raggiunte le nostre, ci cambiamo le scarpe super-infangate e dopo i saluti, risaliti a bordo, ci dirigiamo verso casa. L’uscita domenicale, purtroppo, è già volta al tramonto.
 
Angela Paolicelli