Alla fine ce l’abbiamo fatta.
La Riserva dello Zingaro si è mostrata in tutta la sua straordinaria bellezza di forme e colori, di silenzi e memorie: panorami spettacolari tra mare e monti, un succedersi di dolci calette e aspre scogliere, un intreccio di ambiente naturale e testimonianze umane.
La natura, miracolosamente, si rigenera e ti rigenera. Le palme nane, regine dello Zingaro,erano ricresciute rigogliose, solo i tronchi anneriti. portavano il segno dell’incendio devastante dell’agosto scorso. Il vento, compagno fedele di ogni escursione, ci ha accarezzato piacevolmente nelle dure salite, graziandoci dalla calura temuta e attenuando la stanchezza. La macchia mediterranea (finocchietto, lentisco, cisto, timo, ogliastro,
La selvaggia Marettimo, isola di pace, priva di macchine, è stata la vera sorpresa. Un mare incontaminato con sfumature di colori, dal verde smeraldo al celeste, al blu cobalto. I gabbiani sfrecciavano nel cielo con il loro canto continuo ,simile a una risata ironica e invadevano ogni angolo dell’isola. A prima mattina, nello Scalo Vecchio si avvicinavano, impavidi, alle barche dei pescatori, appena tornati dalla magra pesca e intenti a ordinare le reti. Evidente è la simbiosi, l’armonia tra l’uomo, gli animali e le piante. I cavalli, tranquillamente da soli, percorrevano in paese le nostre stesse strade. I cani ci accompagnavano per i sentieri alle nostre mete, facendoci da guida. All’ombra di una pineta di pini d’Aleppo, straordinariamente piegati dal vento ,una cavalla serena allattava il suo puledro. Gli asini muti e immobili sembravano ipnotizzati dagli odori e dalle evoluzioni acrobatiche dei gabbiani. Lungo il sentiero che ci conduceva alla nuda e aspra vetta di Pizzo Falcone a 686 m. di altezza ,lo sguardo era catturato da splendide cascate di fiori di capperi e da giganteschi cuscini di fiori rosso-arancio a stella che dominavano il paesaggio. A metà percorso nella chiesetta bizantina, accanto ai ruderi di un insediamento fortificato romano del 1° secolo dC il Kireleison, intonato da Maria, a cui, immediatamente, ci siamo uniti io, Enza, Filomena e Vittoria, ha riempito di magica religiosità il silenzio intorno. Certi luoghi si coniugano perfettamente con certe melodie, sembrano nati apposta per quei canti; l’acustica era perfetta. Da ogni parte potevi ammirare il castello di Punta Troia, che svetta dalla sommità di uno sperone roccioso che si getta nel mare. Una spinta compulsiva di raggiungerlo ha preso tutti, in particolare Angelica e Saverio, prima titubanti, e poi avanti e decisi verso la meta, come chiamati da una necessità irrefrenabile. Il lungo e faticoso cammino tra dirupi e salite è stato ampiamente ripagato da una vista spettacolare.
Il mare mosso non ci ha permesso di fare il giro dell’isola in barca, per vedere le numerose e stupende grotte da tutti esaltate. Mi sono mancati i bagni rigeneranti, dopo la fatica ,nelle acque cristalline delle varie calette, viste dall’alto, la scoperta dei fondali, l’apparizione improvvisa di pesci dagli anfratti della scogliera. Marettimo ci ha sorpreso anche per il pernottamento nell’oratorio parrocchiale, anziché nelle case ristrutturate dei pescatori e per le misere cene, a confronto dell’accoglienza sorprendente a Scopello nel Hotel “La Tavernetta”, dove abbiamo assaporato l’ottima cucina siciliana e il pesce fresco tutti i giorni, oltre al massimo dei confort della struttura.
Un grazie va a tutti i compagni di viaggio che mi hanno dato fiducia in questa mia prima esperienza da coordinatrice e in particolare a zio Giovanni per la calma, la pazienza, l’ironia e la totale disponibilità, e a Tina che è riuscita a reggere ai ritmi incalzanti che non le appartengono, senza cedere e rinunciare.
Rosa Di Pede