Domenica 25 maggio
escursione con letture dal romanzo “La Malannata – L’ultima estate di Mazzapede” di Domenico Riccardi, per celebrare i dieci anni dalla sua edizione.
Coordinatori:
- Cosimo Buono (328.8474201)
- Giuseppe Riccardi,
- con la partecipazione straordinaria di Domenico Riccardi.
Scheda tecnica escursione:
- Partenza da Matera Piazza Matteotti con auto propria ore 09:00
- Inizio escursione ore 10:00
- Durata: 6-7 ore circa, comprese le pause
- Lunghezza del percorso: km 12 circa, ad anello
- Dislivello: m. 370 circa
- Quota massima raggiunta: m.484
- Quota minima: m.150
- Difficoltà: E (possibilità di tratti fangosi, passaggi su tratti ripidi e attraversamento di incolti con piante spinose)
- Percorso in auto: km. 50 circa a/r
- Rientro previsto a Matera ore 18:00
- Rifornimento d’acqua: nessuno, per cui occorre essere già forniti di almeno di un litro acqua
- Equipaggiamento consigliato: scarpe da trekking e bastoncini telescopici, abbigliamento adeguato alla stagione, giacca a vento e mantellina antipioggia
- Riunione di pre-escursione venerdì 23 maggio ore 20:00, nella sede dell’Associazione in vico Lombardi n.3. Per partecipare all’escursione è necessario essere presenti all’incontro di pre-escursione.
- Numero massimo di partecipanti: 25
- Quota di partecipazione: 1 euro per i soci e 6 euro per i non soci
“Lì, e solo la notte di san Lorenzo, dopo essersi cercate inutilmente durante tutto l’anno, s’incontravano appassionatamente per tutta la notte, ben visibili durante il plenilunio. I due amanti non potevano essere visti negli anni senza luna. Quell’anno, però, ci sarebbe stata la luna piena.”
Ha inizio così la leggenda del Bersagliere e della Dama Bianca raccontata nel romanzo “La Malannata – L’ultima estate di Mazzapede” di Domenico Riccardi. La storia dei due sfortunati amanti veniva raccontata nelle notti d’estate alla Masseria Antenore dai lavoranti, contadini e pastori, che dopo una giornata di duro lavoro sotto il sole cocente si riunivano la sera sull’aia per sfuggire all’afa, sotto la misera luce di qualche lampara a petrolio tolta da sotto i traini, dopo un piatto di cialledda e prima di andare a dormire.
Di quella masseria non restano ora che dei ruderi vicino al bosco Coste a pochi chilometri dal lago di San Giuliano, in territorio di Grottole. L’escursione si propone di conoscere quel luogo e i dintorni, sospinti dalle suggestioni storico-letterarie del bel libro di Domenico Riccardi.
Alcuni brani del volume saranno letti durante l’escursione. Sarà così possibile, sulle ali dell’immaginazione, fare un salto indietro nel tempo e “guardare” quell’angolo di mondo così come doveva apparire fino alla prima metà del secolo scorso.
Oltre alla leggenda del Bersagliere e della Dama Bianca, evocheremo attraverso la lettura altre scene di vita che uomini, donne e animali conducevano fino agli anni Cinquanta nelle masserie che popolavano le campagne intorno a Matera, perpetuando un mondo, quello contadino, che per generazioni si era svolto ripetendosi in maniera quasi immutabile.
Descrizione del percorso
Oltre che di tipo storico-letterario, l’itinerario presenta aspetti di interesse naturalistico, paesaggistico e ambientale.
Parcheggeremo le auto nei pressi di “Villa Giulia” e da qui ci porteremo ai vicini ruderi della Masseria Antenore, per poi salire attraverso i campi ed alcuni begli esemplari di farnie e di farnetti in direzione del bosco e del parco eolico di Grottole. La vista spazia sulle valli del fiume Bradano e del torrente Bilioso e raggiunge tre santuari in tre direzioni diverse: Sant’Antuono, Picciano e Timmari.
Passeremo vicino alla Masseria Quinto, ai ruderi della Masseria De Angelis, alla Masseria Santa Lucia. Lungo il percorso ci fermeremo ad ammirare il pilaccio Malvezzi, dove una volta sgorgava perenne un’acqua che dissetava uomini e bestie che vivevano nei dintorni o di passaggio. La fontana versa oggi in stato di abbandono, avvolta dai rovi e la condotta che l’alimentava ha cambiato direzione.
Superando un canale ed alcune profonde fenditure nei terreni in parte incolti, raggiungeremo la strada bianca sul crinale pianeggiante soprastante dove, da pochi anni, sono in funzione gigantesche pale eoliche, che richiamano l’attenzione sulla questione ambientale circa l’opportunità della loro diffusione nel territorio su vasta scala.
Il percorso prosegue sulla strada bianca fino a raggiungere l’area attrezzata accanto ad una struttura di bar-ristorante attualmente non funzionante. Splendido il paesaggio tutt’intorno, nonostante le turbine. A quasi 500 metri di quota, si può ammirare il profilo di Grottole e del suo castello poco più lontano.
Affacciandosi alle spalle dell’area attrezzata, si può ammirare tutta la valle del Bradano, l’invaso di San Giuliano da un punto di vista insolito e suggestivo, le colline di Timmari e di Picciano e d’intorno gli abitati di Matera, di Gravina e di Irsina.
Dopo la sosta pranzo, riprenderemo il percorso discendendo per un sentiero, in parte cementato, lungo il margine orientale del bosco, passando a monte delle Masserie Di Pede, Cagnolino e Montemurro, fino a ritornare alla Masseria Antenore.
In sostanza, tutto il percorso si sviluppa intorno al piccolo bosco Coste ed attraversandolo solo per brevi tratti. Il bosco, popolato soprattutto da istrici e cinghiali e sorvolato dall’ala elegante del nibbio, è costituito prevalentemente da querce, nonché da piante tipiche della macchia mediterranea e da vegetazione ripariale in prossimità di forre e canali.
Prima di salutarci e far ritorno a Matera, nel pomeriggio, a Villa Giulia, troveremo infine ad attenderci una tazza di caffè o di tè e l’ultimo racconto di Mazzapede.
Notizie utili:
- I partecipanti sono tenuti ad osservare strettamente le indicazioni dei coordinatori.
- L’Associazione e i coordinatori non sono responsabili di eventuali infortuni e/o incidenti che dovessero occorrere ai partecipanti all’escursione, prima, durante e dopo la stessa.
- In caso di maltempo, l’escursione potrà subire variazioni oppure essere rinviata ad altra data.
- Il percorso potrebbe essere modificato dai coordinatori per sopravvenute esigenze organizzative.
- Si ottimizzeranno al massimo gli equipaggi delle auto. Resta intesa la partecipazione alla spesa del carburante per chi non mette a disposizione la propria auto, secondo la prassi dell’associazione.
:: REGOLAMENTO ESCURSIONI ::
Il Direttivo ha approvato e predisposto il programma annuale delle escursioni individuando, tra i soci capaci e disponibili, i responsabili sezionali cui attribuire il compito di realizzare le singole attività.
Il programma riporta, per ciascuna escursione, il nome o i nomi dei relativi responsabili.
Il responsabile dell’escursione può non ammettere i partecipanti che a causa della scarsa preparazione, dell’inidoneo abbigliamento, dell’atteggiamento tenuto o di quant’altro, potrebbero influire negativamente sullo svolgimento dell’escursione.
Il responsabile dell’escursione può modificare il percorso di un’escursione programmata o di spostare o annullare la stessa a causa di sopravvenute necessità.
Il Direttivo può non ammettere nell’elenco i nominativi dei responsabili sezionali che nell’organizzazione di escursioni abbiano dimostrato scarsa attitudine e che non diano sufficienti garanzie, impedendo agli stessi di potersi proporre per nuove escursioni.
: OBBLIGHI DEI PARTECIPANTI ::
– Partecipare alla riunione, quando prevista, per l’iscrizione all’escursione e versare la quota richiesta;
– Essere puntuali all’appuntamento;
– Essere fisicamente preparati ed in possesso di abbigliamento ed attrezzatura adeguati all’escursione;
– Attenersi esclusivamente alle disposizioni impartite dal responsabile non abbandonando il sentiero ed il gruppo se non preventivamente autorizzati e collaborando per la migliore riuscita dell’escursione;
– Prevedendo l’utilizzo della propria autovettura, presentarsi al raduno già riforniti di carburante.
– Conoscere il regolamento ed accettarlo.
APPENDICE
Dal Cap. 1 de “L’ultima estate di Mazzapede – LA MALANNATA” di Domenico Riccardi
La casa padronale, come tutti gli altri fabbricati di Mazzapede era stata costruita con pietre raccolte dai terreni e dal fiume e con mattoni irregolari che, unitamente agli embrici, erano stati realizzati sul posto, con la creta di cui era fatta l’intera collina che accoglieva nel grembo l’antica e povera masseria. Anche la calce era stata prodotta in loco, con la cottura di speciali pietre prelevate dal Bradano. Esistevano ancora le tracce delle due fornaci, la calcara della calce vicino al fiume e quella per cuocere l’argilla, dinanzi alla masseria, giù nella valletta, all’inizio del bosco delle Coste di Grottole.
I muri della masseria conservavano poche tracce d’intonaco. In realtà tutti i fabbricati della masseria, che i materani chiamavano Mazzapede, dal nome della località, e i grottolesi Antenòre, dal cognome della famiglia che anticamente ne era stata la proprietaria, erano di una povertà estrema rispetto a quelli di Santa Lucia, l’altra masseria da cui il giovane proveniva e nella quale la sua famiglia avrebbe passato tutto il periodo dalla chiusura delle scuole alla loro riapertura.
In passato, però, anche Antenòre, dove don Ninì, come ogni anno, avrebbe trascorso il periodo delle vacanze scolastiche, solo e lontano dalla famiglia, doveva essere stata una bella masseria, prima che una frana facesse crollare la torre situata a sinistra e le stanze del primo piano che si affacciavano su vaste terrazze panoramiche, di fronte ai boschi delle Coste e di Timmari, una gran quantità di mattoni, semisommersa da piante spinose, era sparsa ovunque, segno dello splendore e della grandezza passata. Un inizio di curvatura, nella parte superiore dei fabbricati ancora esistenti a piano terra, stalle, magazzini, stanze, indicava che un tempo erano coperti da volte di mattoni su cui poggiavano l’appartamento padronale e le terrazze. Dopo la caduta del primo piano e delle volte, i muri del piano terra erano stati riutilizzati, ricoprendoli alla loro volta sostenuti da lunghe e grosse travi ricavate dalle gigantesche querce dei boschi circostanti. Le tegole che, per la loro forma, si favoleggiava fossero state modellate sulle cosce nude di giovani donne, lasciavano passare vento e acqua, freddo e caldo, topi e zoccole e i loro naturali nemici: civette, serpenti e gatti. Nella Casa del Padrone, come negli altri miseri ambienti di Mazzapede, si soffriva la calura d’estate e il gelo d’inverno. A Santa Lucia, tutta costruita con tufi, su un costone roccioso della Gravina, al contrario, si stava freschi d’estate e caldi d’inverno, sia nei lunghi lamioni con le alte volte a botte, sia nelle grandi stanze quadrate, dalle ampie volte a vela, della rossa palazzina padronale.
Di un’antica vaccheria, sulla destra di Antenòre, rimanevano una colonna e le fondazioni del recinto utilizzate come cava di mattoni e pietre. Lo iazzo, ancora più povero e misero, era stato ricostruito a un centinaio di metri, alla sinistra della masseria, di là da un burrone che si allargava e sprofondava, e man mano scendeva a valle.
Non c’era un angolo in ombra a quell’ora in cui il sole era a picco nel cielo senza nuvole. Solo a lato della masseria, verso l’ovile, c’era un misero fico selvatico che forniva l’8nica ombra ambìta da uomini e da bestie. Non davano ombra né un malandato albero di tamerici, un palo del recinto delle vacche che, conficcato verde nel terreno, aveva messo le radici, né i tre striminziti e vecchi mandorli, con pochissime foglie, che, non dando né frutti né legna né ombra, nessuno sapeva che cosa ci facessero e a che cosa defissero. Le querce frondose, i calorici spinosi e gli alberi di pere erano lontani dalla masseria e dall’ovile, sparsi nei pascoli, nei boschi e nei terreni. Attorno ai fabbricati c’erano soltanto spine in quantità, di tutte le specie e in ogni stagione, che s’infilavano nei piedi scalzi dei bambini e, al ritorno da campi o dai pascoli, in quelle delle donne e degli uomini, che preferivano camminare scalzi, ogni volta che era possibile, per non consumare gli scarponi, più volti risuolati e rattoppati.
La frana, in quei terreni argillosi, disboscati dal continuo taglio delle macchie per alimentare la masseria e l’ovile, da qualche anno sembrava essersi fermata, ma riprese l’inverno dell’anno di questa storia, spaccando profondamente la collina di creta brulla: in tre, quattro anni, spazzò quello che rimaneva della secolare masseria dal duplice nome Antenòre e Mazzapede. I ruderi diventarono una cava di pietre e mattoni, utilizzati per le fondazioni di una nuova masseria, che, per timore di altre frane, sarebbe stata costruita più a valle, in una piana senza scolo e non protetta dai venti di tramontana, contravvenendo a una saggia consuetudine millenaria, ma con terreni più saldi, e vicini alla pianura e alla strada che il Consorzio di Bonifica stava costruendo.
Della vecchia masseria è rimasto solo il nome Antenòre, sulle mappe catastali e sulle carte dell’Istituto Geografico Militare, oltre che le rovine della casa padronale e, nel retro, l’arco d’ingresso alle stalle, le fondazioni della pagliera della Dama Bianca 3 il vecchio ficastro, là dove era il muro esterno del magazzino grande, dietro la torre colombaia. Non è rimasta, invece, traccia dell’ovile, del recinto delle vacche e della fila delle rodde seminterrate delle scrofe, essendo continuati ili dissennato disboscamento e la messa a coltura di calanchi argillosi.