Domenica 21 Giugno 2015
dove il “nibbio rompe il filo dell’orizzonte”
“Al pellegrino che s’affaccia ai suoi valichi,
a chi scende per la stretta degli Alburni,
o fa il cammino delle pecore lungo le coste della Serra
al nibbio che rompe il filo dell’orizzonte
con un rettile negli artigli, all’emigrante, al soldato,
a chi torna dai santuari o dall’esilio, a chi dorme
negli ovili, al pastore, al mezzadro, al mercante,
la Lucania apre le sue lande,
le sue valli dove i fiumi scorrono lenti
come fiumi di polvere.”//…
(da Lucania, di Leonardo Sinisgalli, 1947).
Scheda tecnica:
- Difficoltà: E – l’attraversamento del torrente Salandrella potrebbe essere effettuato senza scarpe, per cui si consiglia un panno per asciugarsi poi i piedi.
- Tipo di percorso: a stella.
- Dislivello complessivo in salita: mt.635 circa
- Altitudine: quota minima m.345 – quota massima m.795
- Lunghezza del percorso: 12 km circa
- Partenza da Matera: Piazza Matteotti ore 07:30 con auto proprie
- Inizio escursione: ore 09:00 da Garaguso
- Sosta pranzo (al sacco): ore 13:00
- Fine escursione: ore 17:00/18:00
- Distanza auto Matera – Garaguso: 55 km circa
- Rifornimento acqua: lungo il percorso incontreremo due sorgenti; portare comunque con sé almeno un litro d’acqua.
- Abbigliamento e attrezzatura: sono obbligatorie le scarpe da trekking, consigliati i bastoncini telescopici, giacca a vento e mantellina antipioggia, un cappellino e crema protettiva per proteggersi dal sole, occhiali da sole, repellente contro gli insetti
- Numero massimo di partecipanti: 40
- Prenotazione: saranno raccolte durante l’incontro di pre-escursione che si terrà venerdì 19 aprile alle 20:00 nella sede dell’Associazione.
- Coordinatori – Michele Marra: tel. 333.5883143 – Cosimo Buono 328.8474201
Si consigliano: macchina fotografica, binocolo, propensione all’osservazione ed all’ascolto. Sarà richiesto ai partecipanti di parlare a bassa voce e solo in riferimento alla situazione del momento.
L’escursione partirà dalla piazzetta principale di Garaguso, per proseguire su uno sterrato in forte pendenza che conduce nella gola della Salandrella; dopo il guado, ci addentreremo nel bosco della “Aliternosa”, salendo di quota su un ampio sentiero piuttosto ripido (un tempo tratturo di collegamento Garaguso – San Mauro Forte), circondato da una fitta vegetazione di querce, carpini, cornioli, alaterni, lecci, aceri, frassini etc. e tra panorami via via più spettacolari. Attraversando la foresta del “Boscone”, si tocca il punto più elevato del percorso (795 m.), da cui si gode una straordinaria visione a 360 gradi dell’intera provincia di Matera, con la città capoluogo e la costa ionica. Dopo la sosta pranzo, presso la fontana dell’Auciddara, si ritornerà sul greto della Salandrella per lo stesso sentiero dell’andata, ma si seguirà il corso del torrente in direzione della sorgente (monti di Accettura), ai piedi di un’alta falesia dal colore giallastro (“Sabbione di Garaguso”). Si entrerà in seguito nel centro storico di Garaguso attraverso un percorso prima acciottolato e poi cementato e asfaltato che serpeggia il ciglio superiore della parete rocciosa. Si visiteranno quindi le strette vie del borgo antico, in cui la roccia affiora ai bordi dei selciati e alla base dei vecchi muri, mentre tra i vicoli si spalancano vertiginosi scorci panoramici sulla Salandrella, i boschi e le montagne circostanti. Durante l’escursione nel territorio comunale, i versi dei poeti lucani Sinisgalli e Scotellaro, letti dalle guide, ci aiuteranno a comprendere meglio la natura di questi luoghi, mentre, durante la visita del borgo antico, il poeta locale Gaudenzio Calciano ci accompagnerà discreto ed entusiasta, ricordandoci, in testi in dialetto e in italiano, la vita quotidiana del paese e delle campagne circostanti fino a pochi decenni addietro. Si ritroveranno infine le nostre macchine nella piazza di Garaguso, in prossimità della singolare statua in bronzo di “Maria Gaetana”: la “dea Cerere” con falce e fascio di spighe.
Descrizione del percorso (di Michele Marra)
Garaguso (490 m.) è situata a breve distanza dal medio corso del Basento, all’altezza dello scalo ferroviario di Grassano- Garaguso-Tricarico, citato nei testi di Carlo Levi e Rocco Scotellaro, su un’altura a strapiombo sulla valle della Salandrella (che prenderà il nome di Cavone in prossimità di Pisticci e fino alla foce), in un tratto del torrente ancora aspro, a poca distanza dalle sorgenti sui monti di Accettura. Il territorio di Garaguso, nel punto di transizione tra le colline di Grassano e Salandra e l’area del Parco di Gallipoli-Cognato, tra la montagna e la valle, presenta notevoli dislivelli di quota con forti pendenze e ampi panorami, colline maestose e imponenti, dai profili dolci e arrotondati, chiamati “serre” o “tempe”, ammantate da antichissimi e grandi boschi di roveri e cerri; l’intero territorio comunale è dominato dalle cime gemelle del Monte La Croccia (1125 e 1151 s. m.): siamo vicini a Tricarico, nell’alto Materano, nella terra di Scotellaro, nel regno della “quercia e della macchia”, delle “distese ginestre”, delle “spalle boscose che rompete la faccia azzurra del cielo”, delle “querce e cerri affratellati nel vento”. Tra monti e colline, boschi, campi di grano e stazione ferroviaria, in un’aria tersa e luminosa, c’è il desiderio della partenza e la nostalgia del ritorno. Nella tarda primavera e all’inizio dell’estate, nella luce cristallina e radiosa, il verde dei boschi è cupo e profondo, le sfolgoranti ginestre e i roseti selvatici emanano profumi dolci e inebrianti; le messi, dorate e brillanti al sole, accarezzate dai freschi venti del nord, ondeggiano sugli ampi versanti collinari come distese di mare.
Lasciate le macchine nella piazzetta principale del paese, mentre si nota sopra le nostre teste l’imponente roteare dei nibbi reali che sorvolano abitualmente il centro abitato e le zone circostanti, si prosegue in discesa lungo un tratto asfaltato che poi diventa un agevole sentiero sterrato; tra ampi tornanti, si raggiunge ill pietroso greto del torrente Salandrella (m. 345), in un’aspra e suggestiva gola fiancheggiata da alte pareti di roccia, chiamate “cinti” dalla gente del posto, su una delle quali si aggrappa il centro storico del paese. Tali formazioni geologiche sono tipiche del luogo, ben note in letteratura scientifica con la denominazione di “Sabbione di Garaguso”. Il colore giallastro dei “cinti” contrasta vivamente con il verde cupo del fitto bosco di querce, lecci, carpini, cornioli, alaterni, che si abbarbica persino sui promontori più scoscesi, in un contesto d vegetazione foltissima e impenetrabile che ricorda alcune celebri descrizioni delle coste del Mediterraneo di Omero e Virgilio. In prossimità del torrente si potrà osservare, dall’esterno, la cosiddetta “masseria del carcerato”: tipico esempio di tradizionale costruzione rurale in pietra di fiume. Dopo il facile guado si imbocca un percorso in salita, nel tratto iniziale in forte pendenza, su un sentiero piuttosto ampio, un tempo tratturo di collegamento Garaguso – San Mauro Forte, che si addentra nel bosco della “Aliternosa”, così denominato per la fitta presenza di alaterni, piante sempreverdi, in una densa vegetazione di sottobosco che, tra imponenti esemplari di leccio e quercia da rovere, annovera numerosi carpini, frassini, aceri, cornioli, corbezzoli.
A metà del pendio, sulla sinistra, in una verdissima radura, interamente ricoperta e ombreggiata dalle fitte e scure chiome di secolari querce da rovere dai possenti tronchi contorti, si può osservare una fontana dotata di due ampie vasche in pietra (“pilacci” in dialetto) da cui sgorgano le acque di una sorgente, quasi disseccata, un tempo utilizzata come rifornimento idrico per il paese. Nelle vasche vivono anfibi come rane e tritoni e insetti d’acqua, come ditischi, notonette e gerridi (detti insetti pattinatori) e purtroppo anche zanzare. Proseguendo il percorso, sempre in notevole pendenza, sui bordi di un ampio pianoro da cui si gode lo spettacolo di Garaguso a strapiombo sulle rocce e sui cinti che dominano la valle, si raggiungono i ruderi, in pietra del torrente, di una piccola costruzione denominata “casetta della liternosa” (540 m.), utilizzata come rifugio per i viandanti del tratturo, i carbonai, i pastori, i taglialegna, gente che, fino a qualche decennio addietro, frequentava, schiva e operosa, questo grande e misterioso bosco.
In un’atmosfera sempre più selvatica e incontaminata, se gli escursionisti sono fortunati, possono incontrare lo scoiattolo, la martora, la volpe, la lepre, il cinghiale, il lupo e il capriolo (nella zona più elevata del rilievo ricorrono toponimi come “serra del Crapio”, “piana del Crapio”, “fontana del Crapio”, dove “Crapio” sta per “capriolo” nel dialetto locale).
Salendo di quota, si giunge nella contrada denominata “Boscone”, dove la macchia mediterranea scompare gradualmente cedendo il posto a esemplari imponenti e slanciati di cerro e rovere, l’aria diventa più fresca e leggera, pervasa dal profumo inebriante della vegetazione (salvia, origano, etc.); l’udito è allietato dal canto degli usignoli; prendono forma gradualmente i rilievi boscosi del vicino parco di Gallipoli-Cognato mentre, in direzione sud, quella del nostro sentiero, superato il piccolo valico della sella che separa Serra Boscone e Tempa Furugghiusa, compare l’imponente rilievo su cui sorge Stigliano (circa 1000 m.) e alle sue spalle si scorgono, eteree e lontane, le cime del Pollino.
Prima di giungere ad una copiosa sorgente di acqua potabile (“fontana dell’Auciddara”), si incontra l’edificio diroccato di una scuola elementare rurale, funzionante fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Dopo una breve ulteriore salita su comodo e largo sentiero, si raggiunge il punto più elevato dell’escursione, la “Serra Boscone” (790 m.), su cui svetta un enorme esemplare di quercia da rovere, forse il più grande e maestoso dell’intero territorio: ci troviamo su un’ampia zona pianeggiante da cui si gode, tra campi di grano, siepi e querce, uno straordinario panorama a 360 gradi che comprende l’intera provincia di Matera, con la città capoluogo ben visibile a sud est, la sottostante San Mauro Forte con la torre medievale e i palazzi nobiliari, la costa ionica, le valli del Basento, Bilioso, Bradano e dei loro affluenti, con Tricarico, Grassano, Grottole, Salandra e Ferrandina (i dolci profili delle colline di questi ultimi tre paesi sono purtroppo ora resi irriconoscibili e quasi cancellati alla vista da una selva di pale eoliche, mostruosa e assurda); osserviamo l’area dei calanchi con Craco, Pisticci, Tursi e Montalbano; a nord Tricarico con la torre normanna; a ponente le bellissime montagne di Accettura, cupe di estese e fitte foreste di querce e cerri, con le giogaie dell’ Impiso (circa 1300 m.) e il monte Piano (1142); a nord-ovest, Oliveto Lucano alle falde del monte La Croccia (1151), oltre a godere, sul versante opposto, di una più netta visione dell’alta Stigliano e del massiccio del Pollino.
All’ombra delle querce più caratteristiche, nei punti più suggestivi e singolari del nostro percorso, ascolteremo i versi di Leonardo Sinisgalli “Lucania” e del poeta Rocco Scotellaro, questi ultimi ispirati alla realtà naturale della media valle del Basento: i boschi, i fossi, le macchie, i seminati, i pascoli, gli ulivi, le vigne, che il giovane poeta di Tricarico osservava assorto e commosso durante le sue passeggiate solitarie, creando una poesia malinconica, pensosa e nostalgica, documento e riflesso lirico della natura di questi luoghi.
(Sulla sommità di Serra Boscone verrà recitata la poesia “L’Infinito” di Leopardi, in un luogo, che, per la presenza delle siepi e i grandi orizzonti, ricorda il sito che ha ispirato il grande poeta di Recanati. In prossimità della grande quercia di Serra Boscone, notiamo la presenza di un’antenna per la rilevazione del vento, minacciosa preludio ad una – si spera, mai da realizzare -, centrale eolica, con grandi pale, con forte impatto visivo su tutte le aree circostanti, sfregio alla bellezza del paesaggio e offesa allo spirito più autentico di questi luoghi, come di tanti altri della regione, custodi della nostra identità di lucani e fondamento del nostro immaginario collettivo e letterario).
Dopo le soste poetiche e contemplative, seguirà il pranzo a sacco presso la fontana dell’Auciddara; la discesa per lo stesso sentiero della salita ci riporterà sul greto della Salandrella (350 m.), che risaliremo nel tratto più suggestivo, superando una gola rocciosa fiancheggiata da alte pareti di roccia ed effettuando alcuni brevi e facili guadi, tra pioppi bianchi, salici e tamerici (nel corso di recenti sopralluoghi, in questo tratto del torrente, è stato avvistato qualche esemplare di cicogna nera); proseguiremo ai piedi di un’alta e lunga falesia rocciosa dal colore giallastro, chiamata “cinto delle Tempe”, eccezionale documento del “sabbione di Garaguso”.
Attraverso i sassi e le piccole dune sabbiose del greto, circondati da un silenzio e una quiete irreali in cui si insinua dolce e discreto lo sciabordare dell’acqua tra le pietre, tra alti “cinti”, due dei quali uniti dallo spettacolare “ponte del diavolo”, in un’ambiente selvaggio e arcano, imboccheremo un vecchio sentiero acciottolato e poi cementato, serpeggiante sul ciglio superiore della falesia già osservata dal basso; giungeremo quindi nel centro storico di Garaguso con una salita abbastanza ripida ma allietata da un vertiginoso e spettacolare panorama, via via più ampio, comprendente la vista del torrente in basso e gli ampi versanti boscosi di fronte, ad un centinaio di metri di distanza. Sullo scosceso pendio sottostante, nel sottosuolo di un piccolo oliveto, giacciono i resti di un’area archeologica monumentale (santuario magno-greco o indigeno), purtroppo non ancora portata alla luce, dove è stata rinvenuto, nei primi decenni del Novecento, ad opera di Vittorio Di Cicco, archeologo di San Mauro Forte, il tempietto in marmo con dea seduta in trono (la “dea di Garaguso” della letteratura specialistica), di marmo greco e stile severo, del V secolo a. C., fiore all’occhiello del Museo Archeologico Provinciale di Potenza e celebre nel mondo dell’archeologia classica; la storia della scoperta di tale reperto è stata documentata di recente dall’archeologo francese Jean Marc Moret, dell’Università di Lione, nel volume “I marmi di Garaguso” (Osanna edizioni, 2014).
Dopo avere percorso un breve tratto asfaltato in forte pendenza, sempre procedendo sul ciglio di una rientranza della falesia, ad accoglierci alle soglie di Garaguso, su una piazzola panoramica, nella luce del tramonto, nel fresco della sera imminente e tra i profumi dei boschi, ci sarà il poeta Gaudenzio Calciano, i cui versi, in dialetto e in italiano, dal contenuto realistico ma lirico e commosso, pervaso dalla nostalgia e dal rimpianto che si prova per le cose perdute per sempre, ci ricorderanno la vita quotidiana che si svolgeva tra i vicoli, nelle campagne e nei boschi del paese fino agli anni Sessanta del Novecento.
Entrati nel borgo aggrappato alla rupe (490 m.), dalla stretta e tortuosa via Fondaco, visiteremo le ripide viuzze (i cui nomi: “Filera”, “Paschiera”, “Foggiali”, si riferiscono a particolari conformazioni dell’ambiente roccioso) e le piazzette più caratteristiche, con ampi e straordinari scorci panoramici che si spalancano all’improvviso sulla valle della Salandrella, sui vicinissimi versanti forestali della “Liternosa”, del “Boscone” e del “Malandrino”, sulle “serre”, tempe”, “cinti” dell’aspro e frastagliato territorio comunale, con lo sfondo dei monti di Accettura e del monte La Croccia. Attraversando il “Portiello”, varco nella roccia sormontato da un portico, penetreremo nel cuore più antico di Garaguso, tra il giallo e friabile “sabbione” che affiora ai bordi del selciato o alla base dei vecchi muri delle case; percorrendo stradine e scalinate in forte pendenza vedremo la chiesa di San Nicola di Myra, a picco sulla Salandrella e l’esterno del palazzo settecentesco di “ristoro dalle fatiche della caccia” (così come si legge nell’iscrizione latina incisa sulla lapide che sormonta il portone) dei duchi Revertera, che risiedevano ufficialmente nella vicina Tricarico, ma frequentavano Garaguso per la possibilità di praticare aristocratiche battute venatorie nella vicina foresta del “Boscone”, appena visitata dalla nostra escursione e un tempo in gran parte proprietà feudale della casata nobiliare.
Raggiungeremo infine la torre dell’orologio, nel punto più elevato e acuminato del promontorio su cui sorge il paese, mentre la voce del poeta Gaudenzio Calciano ci accompagnerà discreta ed entusiasta, traducendo nei versi in italiano e in dialetto le emozioni e le memorie suscitate dagli angoli e dai vicoli più tipici e suggestivi. Al termine di un ampio percorso ad anello, caratterizzato da forti dislivelli e straordinarie sorprese e suggestioni, ritroveremo le macchine, presso le quali avrà luogo, prima di partire, una breve sosta fotografica e di ristoro dinanzi alla scura statua in bronzo della dea Cerere, con fascio di spighe e falce al fianco, chiamata affettuosamente e familiarmente “Maria Gaetana”, collocata, agli inizi del Novecento, sulla sommità della fontana della piazzetta principale di Garaguso a celebrare la vocazione cerealicola del territorio e propiziare la fertilità delle sue terre.
Notizie utili:
- I partecipanti sono tenuti ad osservare strettamente le indicazioni dei coordinatori.
- L’Associazione e i coordinatori non sono responsabili di eventuali infortuni e/o incidenti che dovessero occorrere ai partecipanti all’escursione, prima, durante e dopo la stessa.
- In caso di maltempo, l’escursione potrà subire variazioni oppure essere rinviata ad altra data.
- Il percorso potrebbe essere modificato dai coordinatori per sopravvenute esigenze organizzative.
- Si ottimizzeranno al massimo gli equipaggi delle auto. Resta intesa la partecipazione alla spesa del carburante per chi non mette a disposizione la propria auto, secondo la prassi dell’associazione.
:: REGOLAMENTO ESCURSIONI ::
Il Direttivo ha approvato e predisposto il programma annuale delle escursioni individuando, tra i soci capaci e disponibili, i responsabili sezionali cui attribuire il compito di realizzare le singole attività.
Il programma riporta, per ciascuna escursione, il nome o i nomi dei relativi responsabili.
Il responsabile dell’escursione può non ammettere i partecipanti che a causa della scarsa preparazione, dell’inidoneo abbigliamento, dell’atteggiamento tenuto o di quant’altro, potrebbero influire negativamente sullo svolgimento dell’escursione.
Il responsabile dell’escursione può modificare il percorso di un’escursione programmata o di spostare o annullare la stessa a causa di sopravvenute necessità.
Il Direttivo può non ammettere nell’elenco i nominativi dei responsabili sezionali che nell’organizzazione di escursioni abbiano dimostrato scarsa attitudine e che non diano sufficienti garanzie, impedendo agli stessi di potersi proporre per nuove escursioni.
: OBBLIGHI DEI PARTECIPANTI ::
– Partecipare alla riunione, quando prevista, per l’iscrizione all’escursione e versare la quota richiesta;
– Essere puntuali all’appuntamento;
– Essere fisicamente preparati ed in possesso di abbigliamento ed attrezzatura adeguati all’escursione;
– Attenersi esclusivamente alle disposizioni impartite dal responsabile non abbandonando il sentiero ed il gruppo se non preventivamente autorizzati e collaborando per la migliore riuscita dell’escursione;
– Prevedendo l’utilizzo della propria autovettura, presentarsi al raduno già riforniti di carburante.
– Conoscere il regolamento ed accettarlo.