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Tricarico e Serra del Cedro: sulle orme di Rocco Scotellaro

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Data: Domenica 19 marzo 2017
Coordinatori: Michele Marra 3335883143 , Donato Casamassima 3331166651
Orario di partenza da Matera: ore 8.00
Località di partenza: Piazza Matteotti con auto propria
Difficoltà: “E” Escursionistico su Serra del Cedro. “ T” Turistico dentro Tricarico
Lunghezza del percorso: km. 5/6
Durata totale: 8/9 ore ( pranzo e soste comprese )
Dislivello totale : 300/400 mt
Tipo di percorso: tratturo sterrato, terra battuta, asfalto, acciottolato
Sorgenti: assenti
Abbigliamento: adeguato alla stagione, obbligatorie scarpe da trekking o similari
Numero di partecipanti: max n. 40
Si consigliano: bastoncini, ghette in caso di fango o pioggia

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    Notizie Utili

  • Le prenotazioni all’escursione, inizieranno martedi 14 marzo,in occasione della lettura di poesie di Rocco Scotellaro in sede, sarà data la precedenza ai soci. L’incontro di pre-escursione, obbligatorio per i residenti a Matera, si terrà venerdì 17 marzo alle 20.00 presso la sede in vico Lombardi n. 3, contestualmente saranno formati gli equipaggi delle auto e versato il contributo liberale di € 1 per i soci. Per i non soci è previsto , il contributo liberale di € 6,00 e il contributo di € 3,00 per la polizza assicurativa giornaliera obbligatoria.
  • La sosta per il pranzo sarà in una trattoria di Tricarico , il costo è di € 15.00 da versare entro venerdi insieme al contributo liberale. Dopo il pranzo è previsto il percorso turistico in Tricarico con una guida del posto.
  • I partecipanti sono tenuti ad informarsi sulle caratteristiche e difficoltà del percorso e di presentarsi con adeguati: preparazione fisica, attrezzatura e abbigliamento, scarponi da trekking . Essi sono altresì tenuti a osservare strettamente le indicazioni dei coordinatori, a non abbandonare il sentiero e il gruppo se non preventivamente autorizzati e di collaborare per la migliore riuscita dell’escursione;
  • I coordinatori prepareranno l’escursione e si impegneranno affinché l’escursione possa svolgersi serenamente e in sicurezza; in ogni caso non sono da ritenersi responsabili degli eventuali infortuni e/o incidenti che dovessero occorrere ai partecipanti all’escursione, prima, durante e dopo la stessa.
  • In caso di maltempo, o per sopravvenute esigenze organizzative l’escursione potrà subire variazioni oppure essere rinviata ad altra data, per gli stessi motivi, potrebbe essere modificato il percorso.

Breve descrizione del percorso escursionistico e turistico

Lasciate le macchine nei pressi della provinciale 1 (Bivio di Calle- Tricarico), all’altezza del vecchio tratturo regio Tricarico-Grassano, imboccheremo tale sentiero sterrato fino a raggiungere, attraverso verdi prati cespugliati, in alcuni tratti in notevole pendenza, la sommità della cosiddetta Serra del Cedro, m. 852 di quota. 

Quest’ultima è un’imponente altura dal crinale a schiena di cavallo che si interpone tra la valle del Basento ad ovest e l’ampio bacino del Bradano e del suo affluente Bilioso a est. Il panorama è molto vasto e probabilmente questo sarebbe il luogo che avrebbe ispirato, al poeta Scotellaro, la poesia sotto riportata, con il vento quasi sempre presente e il piccolo paese, Calciano, ben visibile sul fondovalle del Basento.

In prossimità del punto più elevato, in un pianoro, osserveremo il cantiere degli scavi archeologici, ricoperto da teloni e aperto nei mesi estivi, quando si lavora per riportare alla luce i resti della città lucana del VI a.C. Altri scavi si osserveranno lungo buona parte del percorso.

A fine escursione ritorneremo alle auto per raggiungere il centro storico di Tricarico.Dopo la pausa pranzo un componente della Pro Loco ci guiderà alle scoperte delle testimonianze della lunga storia della città d’arte di Tricarico, attraverso la visita di chiese, piazze e altri importanti edifici; l’importante passeggiata culturale si concluderà con una sosta al museo diocesano (reperti e documenti a partire dal Medioevo normanno). Durante l’escursione verranno lette le poesie di Scotellaro che si riferiscono ai luoghi visitati.

Lucania
M’accompagna lo zirlìo dei grilli
e il suono del campano al collo
d’un’inquieta capretta.
Il vento mi fascia
di sottilissimi nastri d’argento
e là, nell’ombra delle nubi sperduto,
giace in frantumi un paesetto lucano.

(1940) Rocco Scotellaro

CENNI SULLA GEOGRAFIA, ANTROPOLOGIA E STORIA DEL TERRITORIO DI TRICARICO E DEL MEDIO BASENTO

di Michele Marra

Il nome Serra del Cedro è dovuto forse alla presenza di un esemplare di cedro (così mi è stato riferito da alcuni tricaricesi) non più visibile, ma probabilmente il toponimo è alterazione di cerro, specie di quercia.

 La parola Cedro potrebbe essere, assai più verosimilmente, l’esito di un mutamento del nome cerro, che indica un rilievo dal crinale scosceso e roccioso, nome molto probabilmente appartenente al sostrato linguistico preistorico. Nell’area iberica e nel Sudamerica sono presenti sia il toponimo Sierra (es. Sierra Morena, in Spagna), equivalente al Serra lucano, un crinale allungato o un sistema di rilievi allineati, sia Cerro (es. Cerro Torre, in Patagonia) una collina o una montagna anche di notevole altezza, dalla sommità a forma di picco o guglia (in agro di Garaguso, quasi di fronte alla nostra zona, è presente la cosiddetta Macchia del Cerro: un rilievo collinare scosceso e dalla forma simile a quella di Serra del Cedro, anche se meno elevato, pertanto la somiglianza dei due toponimi oltre che quella topografica rende probabile la medesima ipotesi etimologica).

 Lo spettacolo che si gode da Serra del Cedro è davvero mozzafiato con la veduta di Tricarico, poco più in basso, sullo sfondo delle creste delle Piccole Dolomiti Lucane e della grande foresta di Gallipoli Cognato, al di là del Basento, che creano insieme una grande e suggestiva quinta ad occidente del paese, con alternanza di distese di boschi e pareti di roccia, situazione che rende il luogo vagamente somigliante a un paesaggio prealpino.

 A questo scenario probabilmente si è ispirato Rocco Scotellaro per la poesia riportata all’inizio della presente scheda, in quanto le suggestioni del luogo e il piccolo paese di Calciano, abbarbicato alle pendici montane dell’opposto versante del Basento, visibile ad una quota molto più bassa, sembrano ricordare la celebre lirica Lucania del poeta di Tricarico.

A sud si osserva la valle del Basento con i versanti calanchivi che degradano verso la piana metapontina e il mare sottile sull’orizzonte, mentre ad Oriente e settentrione si spalanca allo sguardo la grande distesa dei terreni coltivati della Fossa Bradanica, attraversata dalle pigre volute del fiume Bradano ( il nome deriva forse dal greco BRADUS, “lento”, oppure dal preindouropeo *BRA-DAN “fiume grande”), dal letto acquitrinoso e melmosi, celato da pioppeti e macchie di tamerici, oppure, in alcuni tratti, nell’agro di Matera, sprofondato nelle gravine o intagliato nei terrazzi argillosi. Ancora più vicino a Tricarico, scorre l’affluente Bilioso dalle caratteristiche abbastanza simili al fiume maggiore (il nome Bilioso significa forse “colore della bile” per le acque torbide e limacciose che raccolgono i detriti argillosi delle colline circostanti). I centri di Irsina e Matera si scorgono a breve distanza su basse colline, mentre lo sguardo si spinge a perdita d’occhio verso l’altopiano roccioso dell’Alta Murgia barese, spoglio e desolato, sui cui bordi squadrati e spigolosi, sono visibili, come piccoli lembi biancastri, le forme piatte dei grossi centri pugliesi: Minervino, Spinazzola, Gravina, Altamura.

A Nord si staglia la sagoma scura del Monte Vulture presso cui intravediamo o intuiamo la presenza della Venosa oraziana, della Melfi di Federico II di Svevia e dei paesi albanesi; notiamo vicini San Chirico Nuovo, Tolve, Palazzo San Gervasio, Oppido Lucano, Acerenza, Genzano, Banzi, adagiati su colline ondulate, in un comprensorio che, insieme a Matera, Tricarico e l’area del Vulture-Melfese, funge da cerniera culturale tra Occidente e Oriente, crocevia storico tra Italici, Romani, Longobardi, Normanni, Svevi da una lato e Magna Grecia, Arabo-Saraceni, Greci-Bizantini, albanesi, dall’altro, in un’area in cui le due identità della regione, corrispondenti al duplice nome di Lucania e Basilicata, si mescolano e interagiscono nella maniera più ricca e originale.

Il territorio di Tricarico, sito tra le montagne del medio Basento e le pianure e colline dell’Avanfossa Bradano, tra la Lucania e la Puglia, ha rappresentato sempre un appetibile crocevia tra le aree montane e quelle pianeggianti, cosa che ha permesso al comprensorio, sin dalla preistoria e protostoria dei Lucani, di diventare sede di insediamenti fortificati, ricchi e popolosi. La zona è stata sempre al centro dell’attenzione dei vari invasori (Lucani, Romani, Longobardi, Bizantini, Saraceni, Svevi, Spagnoli etc.) per la riserva di legname ad occidente e le pianure coltivabili ad oriente, oltre che per la vicinanza delle coste Joniche ed Adriatiche e dei relativi porti.

I Duchi Revertera, per alcuni secoli, dal Seicento agli anni Venti del Novecento, hanno posseduto gran parte dell’agro di Tricarico e di alcuni paesi del medio Basento. In seguito le vaste proprietà degli ultimi eredi della grande casata nobiliare, ubicati nella zona collinare e pianeggiante di Calle, a ridosso del bacino del Bilioso e Bradano, furono acquistati da Ernesto Ottolini di Busto Arsizio, per poi passare nelle mani dell’imprenditore torinese Silvio Turati (marito della figlia di Ottolini), che bonificò le terre creando una grande azienda agricola d’avanguardia, prima che l’area subisse le quotizzazioni della Riforma fondiaria degli anni Cinquanta del Novecento.

La cittadina è stata sede di una diocesi importante sin dalla comparsa del Cristianesimo nel Mezzogiorno, con annesse prerogative e poteri, mentre il centro storico presenta una zona fortificata, intorno alla torre normanna, dominante con la sua imponenza la Rabatana che, con gli Orti saraceni, è il segno della presenza degli Arabi nel Medioevo.

Il territorio di Tricarico, ma in genere di tutta la nostra regione, è stato teatro di incontri e scontri di civiltà, di conquiste, ma anche di lotte e sacrifici personali, in varie epoche, per il progresso sociale e politico e spunto per la riflessione letteraria e lirica. Il sensibile e sfortunato Rocco Scotellaro (1923-1953), nel corso della sua breve vita, come sindaco di Tricarico, intellettuale e poeta, osservava la miseria contadina, la solitudine esistenziale, la malattia, la morte precoce, così diffuse nella società dell’epoca e difendeva la sacralità della vita umana tormentata dalle dure necessità e dalla eterna legge del più forte.

Il paese di Tricarico, con i suoi 700 metri di altitudine, è sospeso tra due ampie valli, al centro e a dominio di un’area rurale e boschiva vastissima, tra l’Appennino Lucano e le colline del Bradano: il territorio è caratterizzato da fossi e burroni, torrenti e fiumi dalla piene improvvise e rovinose, foreste di querce e cerri, terreni coltivati, strappati alla natura selvaggia dalla fatica dei contadini. Le piogge autunnali, gli inverni gelidi e nevosi, le estati dei silenzi assolati dei calanchi e delle argille, dei campi dorati e dei boschi cupi, le campagne solitarie, le albe e i tramonti, diventano, nei testi poetici di Scotellaro, sfondo e metafora della condizione umana, della fine e trascorrere di ogni cosa, della vanità degli sforzi e dei sacrifici, del lavoro perenne e disumano, mentre la primavera è la stagione dell’apparente rinascita della vita, dello sprigionarsi di speranze e energie di rinnovamento morale e spirituale, sempre deluse dalla realtà del vivere quotidiano e dal ritorno ciclico del tempo e della storia su se stessi.

La natura lucana con le dolci colline, i monti e le foreste, i venti gagliardi, i fiori selvatici e profumati delle primavere inebrianti, le querce antiche e possenti, è anche simbolo di autenticità, ultima roccaforte di valori schietti e onesti, evasione arcadica e lirica, seppure effimera e precaria, mentre l’ambiente delle grandi città, verso cui l’uomo è spinto dalla brama di progresso, si presenta, al poeta di Tricarico, alienante e spietato, venale e cinico, distruttore della dignità umana.

Nei testi poetici di Scotellaro si trova l’eco e la condivisione del motivo oraziano del carpe diem (“vivi il presente”) con la variante del nunc est bibendum (“ora bisogna bere ”); si rileva anche lo sgomento di fronte al passare del tempo e la paura della morte, che incombe con presagi sinistri sulla vita umana; ricorrenti sono le descrizioni di paesaggi, dimore contadine ed angoli di paese, depositari di memorie e di segni della precarietà della condizione umana. Compaiono, oltre alla tristezza rassegnata del lutto e del distacco e alle delusioni esistenziali, private e pubbliche, anche le note indignate, il racconto della rabbia e delle rivolte contadine, la denuncia delle ingiustizie sociali, dell’ipocrisia e del cinismo.

Per concretezza e immediatezza, per la visione materialistica della vita, insidiata dalle forze della natura e dalla caducità, per l’ispirazione legata all’esperienza occasionale e alle gioie momentanee, la poesia di Scotellaro si ispira ed è affine a quella del grande conterraneo Orazio e ai lirici greci, i poeti dell’antichità pagana, che, come i contadini lucani, non avevano conosciuto nè Dio, nè Cristo, ma soltanto la realtà quotidiana dell’uomo privo di speranza di riscatto spirituale e ultraterreno.

Cito alcuni titoli, forse tra i più rappresentativi delle tematiche di cui si è parlato sopra, scelti tra circa trecento componimenti poetici di Scotellaro: Campagna, Le viole sono dei fanciulli scalzi; Lucania; Il primo Addio a Napoli; Neve; La luna piena; I santi contadini di Matera; Mio padre; Nel trigesimo di mio padre; Desiderio; Pozzanghera nera il diciotto aprile; Primo sciopero; La prima di agosto; Suonano mattutino; La pioggia; Era la cavalcata della Bruna; Vespero; Sempre nuova è l’alba; Olimpiadi; Verde nasce; La città mi uccide; Paese d’inverno; Verde giovinezza; Estiva; Ora che domina luglio; L’uomo si sente chiamato; Dopo la vendemmia; Ottobre; Casa; Il grano del sepolcro; Il vicinato; Passaggio alla città; La trebbiatura; Adolescente; Nota d’inverno; Solitaria natura.

 

:: REGOLAMENTO ESCURSIONI ::

Il Direttivo ha approvato e predisposto il programma annuale delle escursioni individuando, tra i soci capaci e disponibili, i responsabili sezionali cui attribuire il compito di realizzare le singole attività.
Il programma riporta, per ciascuna escursione, il nome o i nomi dei relativi responsabili.
Il responsabile dell’escursione può non ammettere i partecipanti che a causa della scarsa preparazione, dell’inidoneo abbigliamento, dell’atteggiamento tenuto o di quant’altro, potrebbero influire negativamente sullo svolgimento dell’escursione.
Il responsabile dell’escursione può modificare il percorso di un’escursione programmata o di spostare o annullare la stessa a causa di sopravvenute necessità.
Il Direttivo può non ammettere nell’elenco i nominativi dei responsabili sezionali che nell’organizzazione di escursioni abbiano dimostrato scarsa attitudine e che non diano sufficienti garanzie, impedendo agli stessi di potersi proporre per nuove escursioni.