8 Febbraio:
Il gruppo escursionisti
del Parco del Vulture di Melfi
arrivò, meditò e gioì
In questo luogo la stanchezza
la fatica per raggiungerlo
non è niente in confronto a questa
MERAVIGLIA
Il Gruppo E.P@.V. di Melfi
Ti lascio in pace
Ti so custodita in buone radice
Si faranno strada dentro di te
E ti porteranno scompiglio
L’ombra delle fronde di leccio
Lenirà le tue rovine
Rimestate sulle tombe dei pastori
Mistici della natura
Conserva il mio respiro di oggi
Si appoggia alla roccia e lascia i segni
Della vita che l’attraversa
Versandovi dentro il suono delle sue vene
Paziente è l’orecchio
Che aspetta e ascolta
Uomini dal triste destino, vissuti in funzione dell’aldilà. Consci dell’amaro destino loro affidato in vita dall’autocrate padrone. Vissero ignari degli elementari piaceri, oppressi dai soli doveri dovuti agli infimi della scala sociale. Sacrificarono la loro esistenza per espiare peccati non propri. In questi luoghi vissero l’umiltà del Cristo Salvatore, identificarono, più che per loro sapere per altrui indottrinamenti, il sacrificio quotidiano, cui erano costretti, a quello di Gesù.
L’allontanamento della vita terrena, salvezza per l’anima, naturale conclusione di una esistenza di duro, incessante lavoro, unico mezzo di conquista dell’agognato Paradiso.
Nessuno svago, nessuna distrazione, lavorare sette giorni sette, impossibilità ad ammalarsi per non compromettere quel pugno di legumi sostentamento della famiglia.
Rispetto, ammirazione, tristezza per gli uomini che vi hanno vissuto; questi i sentimenti che mi suggeriscono questi suggestivi luoghi tramandati da un antico passato. Ed in ognuna di queste cripte e grotte visitate, risuona nella mia mente una personale verità: i luoghi vengono lasciati deperire dall’uomo per rinnegare verità assolute e scomode, che rendono infide figure e personaggi che nella storiografia tradizionale hanno abusato del loro potere. In fondo, ieri come oggi, è sempre valido il detto “homo, hominis lupus est”.