Nootka è un’isola canadese ad Ovest della più nota Isola di Vancouver. Si affaccia sull’oceano Pacifico ed attualmente è praticamente disabitata, se si eccettua il guardiano del faro e la famiglia di un artista che vi dimorano tutto l’anno.
Una volta era abitata dai Nootka, nativi che poi hanno preferito la vita più comoda dei colonizzatori europei ai costumi primitivi.
L’antico sentiero che correva lungo l’aperta costa oceanica è stato ripreso da alcuni trekker amanti della wilderness estrema, sfidando le maree e la foresta pluviale ed animali potenzialmente pericolosi come l’orso e il coguaro, anche se di solito non attaccano l’uomo.
D’estate è oggi percorsa da appassionati di trekking e di natura che vi giungono a bordo di un idrovolante, da cui discendono nella bellissima Louie Lagoon, detta anche Laguna delle Stelle Marine.
Bellissima è anche la prima spiaggia, detta invece Third Beach, che s’incontra dopo aver attraversato un breve tratto di foresta intricatissima, tra abeti di Douglas e cedri rossi occidentali (Thuja plicata) tra i più vecchi di tutta l’isola.
Sulle spalle si porta tutto il necessario per restare sull’isola nei sei giorni (quanti ci siamo rimasti noi ma possono essere anche in numero maggiore o minore) che ci vogliono per percorrere i 35 chilometri che separano Third Beach dal faro di Friendly Cove. Qui infatti giunge l’M.V. Uchuck III, il traghetto che riporta a Gold River.
Sei giorni di marcia sulla sabbia, sulla ghiaia, in equilibrio sui tronchi spiaggiati, sull’aspra roccia, sul fondo temporaneamente lasciato dalle acque dell’oceano per effetto della bassa marea ma insidioso a causa di buche e di scivolose alghe. Sei giorni alternando spiaggia e l’interno pieno di ostacoli della foresta, non disdegnando arrampicate lungo ripide scarpate, agevolati però dall’aiuto di corde lasciate opportunamente da chi ci ha preceduti.
Ogni giorno con lo zaino in spalla fino a raggiungere un torrente dove attingere l’acqua da bere e per cucinare e dove fermarci la notte, piantando la tenda per poi levarla il giorno dopo.
Sei giorni di fatica ma anche di bellissimi paesaggi; luce diversa ogni giorno, del mattino e del crepuscolo, ma anche di profonde notti stellate; di acque freschissime e buone da bere ma anche talvolta stagnanti e tutt’altro che invitanti.
Sei giorni di concentrazione per non cadere o sbagliare sentiero, ma anche di abbandono esausti sulla nuda terra; di pappine e di insipidi cibi liofilizzati ma anche di enormi cozze cotte sul fuoco; del fragore notturno talvolta insopportabile dell’oceano e di lunghi silenzi.
Emozionanti incontri con l’aquila di mare, la lontra, la ghiandaia blu, ma anche con tanti piccoli animaletti che popolano la costa, dai granchi agli anemoni, dalle lumache alle stelle di mare.
Il resto del viaggio è stato preparazione, escursioni giornaliere, una bellissima gita sul seakayak tra le foche, i petroglifi sul fondo dell’oceano, i totem dei nativi, le orche dello Stretto di Johnstone, una Dodge superaccessoriata presa a noleggio, i souvenir delle riserve indiane, i grattacieli e la moderna architettura di Vancouver.
E tre fantastiche meravigliose casette in Canadà.
E non si possono dimenticare: la squisita simpatia di Marion e Otmar, che ci hanno fornito un più che prezioso appoggio logistico, il sostegno formidabile del gruppo con la compagnia di cinque scanzonati sognatori di avventure e la meticolosa cura organizzativa dell’instancabile e generoso Stephano.
Che bella cosa abbiamo fatto!
Cosimo Buono