Notturna alla Serretta – 25 luglio 2011

Secondo il mio contapassi, nuovo di zecca, ho percorso poco più di 14 chilometri in 4 ore e 28 minuti primi, al netto delle pause. Non credo che il contapassi tenga però presente del dislivello di circa 600 metri e sicuramente non considera il peso dello zaino, carico anche del sacco a pelo e del materassino, e la difficoltà di procedere nel buio della notte.

Quel che di più è pesato, però, è stato il vento. Tanto leggero e tanto potente da farmi barcollare, non dare tregua alle orecchie e insinuare il freddo nelle membra e nella testa. E dire che a Madonna di Pollino, alla partenza, abbiamo ammirato un tramonto nella quiete. Le cose cambiano anche nel giro di un giorno, anzi di una notte: dalle nuvole, al sereno, al vento, a nuove nuvole. Tanta fatica, tanta gioia. Un bellissimo tramonto sulla Spina, un firmamento da restare con lo sguardo all’insù e la bocca aperta, poi Artemide seguita da Giove e infine l’alba sullo Jonio. Il gruppo è potente e mi porta con sé, sopporto la fatica e vado avanti, un po’ puntando la torcia frontale, un po’ provando a farne a meno per allargare la percezione ed affidando ai piedi il compito di vedere. Si parla sempre un po’ troppo, di cose che ti portano altrove, inutilmente. Ma la Natura è qui ed ora, disponibile a svelarsi a chi sa restare all’erta, pronta a cogliere ogni suono, ogni odore ed ogni altra sensazione sulla pelle e nel corpo.
A Piano Iannace c’è il tempo di una breve pausa per sfiorare la Via Lattea, scorgere Arturo che guarda con stupore l’Orsa sua madre e vedere pulsare Antares, il cuore dello Scorpione. Non possiamo fermarci ad aspettare la scia effimera di un desiderio nel silenzio del buio che brilla.
Su una radura raccolta nella Piana c’è il fuoco, affascinante ed irresistibile per chi si ferma per un bivacco notturno. Ma c’è anche il vento e ci chiediamo se non è pericoloso per il bosco. Forse la temperatura è troppo bassa e non c’è vegetazione secca che faccia da esca, ma mi schiero con chi preferisce escludere ogni rischio ancorché remoto.
Il vento soffia rabbiosamente agitando rumorosamente le chiome dei faggi sotto i quali restiamo accampati, rannicchiati nei nostri letti scomodi. Dove sono andati a rifugiarsi i cavalli e le vacche, esperti di questi luoghi? L’aurora mette in fuga la notte e noi ci mettiamo in marcia verso la vicina Serretta, tagliati dal vento. I loricati sembrano guerrieri valorosi pronti a battersi contro gli elementi, pronti a proteggerci al riparo delle loro corazze. Guardiamo lontano, come non siamo abituati a fare. Guardiamo tra la terra e il cielo. E scorgiamo il mare. Ed ecco sorgere il sole, che ci inonda di meraviglia. Un’altra alba, un altro giorno, imprevedibile, pieno di stupore. Tra l’erba alta bagnata intravedo una ranocchia dirigersi verso un’orchidea e, prima di arrivare a Fosso Iannace, sento il tamburellare del picchio, vicino ma ben nascosto. In estate si può visitare il Santuario. Recito il mio silenzioso grazie davanti alla Vergine e poi vado a guardare i tanti grazie colmi di bianca devozione rivolti alla Vergine, tra gli abiti da sposa e i vestitini della prima comunione.
 
Cosimo