L’iniziazione di Falco Naumanni

Una volta ho scritto “Non ci riuscirò mai” come incipit del resoconto dell’escursione al rifugio Tridentina nel luglio 2009. Oggi guardo come sono vestita e quel giorno mi sembra lontanissimo. Ho la mia bella giacca della domenica, ho messo le mie scarpine con i “tacchi”, il mio cappello alla moda, la cinta trasgressiva e nella mano ho il mio bastone da passeggio … ma le emozioni sono sempre le stesse. Oggi mi appresto ad affrontare la mia prima escursione “quasi seria” con ramponi e piccozza.

L’appuntamento è tristemente presto! Ore 05.45. Ma a parte un ritardatario, che corre il fortissimo rischio di essere lasciato a terra (non è Cosimo come tutti state pensando!), riusciamo ad arrivare al rifugio Armizzone nei tempi che ci eravamo prefissati. Scesi dalle auto siamo stranamente rapidi ed operativi. Decidiamo di lasciare le ciaspole in macchina, la neve sembra compatta. Sarà un peso in meno da tenere sulle spalle quando saremo nel canale.
Alle 8.05 siamo già in cammino. Alle 8.07 abbiamo già caldo e mentre ci alleggeriamo, Pino ne approfitta per spiegarci il percorso di oggi.
Prima foto di gruppo, della serie in quanti siamo partiti, e si va. Siamo 13 compreso Rocco che salirà per la via normale.
È da quando mi sono alzata che ho in testa “Edelweiss” una delle canzoni del film “Tutti insieme appassionatamente”. La canticchio e mi sembra appropriata. Ma quando comincio a cantare … “e la bandieera del triccoloore è sempre stata la più bella…” temo che i funghi della pizza mangiati ieri fossero allucinogeni. Infatti Enzo mi guarda strano.
Il tragitto per arrivare all’imbocco del canale è tranquillo e serve per mettere in moto il corpo ancora addormentato. A metà tragitto, dopo un si-no-si-no-si (i coordinatori oggi sono poco coordinati!), decidiamo di indossare i ramponi. Devo indossarli bene, non devono allentarsi mentre salgo. Faccio come mi hanno insegnato. La stringa che passa da una parte all’altra, tiro per fermarla, le faccio fare un paio di passaggi per bloccarla. Vedo le mie mani mentre si muovono ferme e decise. Mi sembra che tutto vada al rallentatore. Penso e ripenso ai passaggi necessari. Ci siamo incontrati in un paio di occasioni per prepararci a questo momento, per cercare di essere pronti, per evitare di fare errori, per essere, come dice Pino, “massicci”!
Sono sicura, ho fatto bene! Ma per sicurezza chiedo a Franco di darmi un’occhiata. Approvato.
Una salita con degli strani tempi di percorrenza segnati sul cartello del CAI e siamo all’imbocco del canale della neviera del Monte Santacroce/Alpi.
Il percorso è stato scelto tra i “facili”.
Molti tra noi sono tipi tosti nelle cui vene scorrono neve, equilibrio, pietre, forza, prontezza, sentieri. Infatti il loro sangue è di un colore parecchio strano! Quelli con all’attivo più esperienza alpinistica saranno i nostri capi-cordata. Io non sono tra loro. So che per i “ciuoti” della montagna è una passeggiata da fare in libera e giusto per passare un po’ di tempo, ma per me è uno scoglio non indifferente da superare. In questi anni di trekking la montagna mi ha dato tanto, sono cambiata, è cambiato il mio modo di percorrerla. Ho acquisito consapevolezza e un po’ più di sicurezza ma non ho mai affrontato pendenze di questo genere e temo di aver paura. Non sono una che va nel panico, ma non si sa mai.
Qualcuno era scettico sulla partecipazione di Nicola a questa escursione e gli ha chiesto di essere il beneficiario del suo testamento. Ed è a lui che penso, ridendo, mentre dico “lascio tutti i miei averi…” a bassa voce a Nicola per non costringere qualcuno a gesti scaramantici in presenza della “quota rosa”.
È ora di mettersi in cordata. Tutti entrano nel canale, che diventa affollato e quindi Franco decide di “aggiustare” la sua cordata tra gli alberi. Fila la corda e sistema Michele. Ora tocca a me. Vuole fare lui ma gli dico che sono capace e voglio fare io. Mi sono esercitata a casa a fare i nodi, uno dei maestri mi ha dato ripetizioni. Faccio l’otto, inserisco la corda nell’anello di servizio dell’imbrago e mi accorgo di aver lasciato poca corda per eseguire l’otto inseguito. Ci riprovo e al terzo tentativo, è perfetto. Le spire intorno al corpo e faccio il bulino. Blocco la corda nel moschettone e giro la ghiera per chiuderlo. Il mio bellissimo moschettone arancione regalo di San Valentino. Sono pronta.
Strano! Il cuore non mi batte così forte come mi aspettavo. Sono tentata di sentirmi il polso per verificare che ci sia anche lui oggi. Però sono impaziente che tutto cominci, devo scaricare l’energia accumulata altrimenti esplodo. Se si riuscisse a trovare un modo di utilizzarla non avremmo bisogno di estrarre il petrolio!
Andiamo. Speriamo di non avere problemi. Speriamo di non essere di peso.
Pino, Alessandro e Tonio aprono. Rimarranno sempre in testa e Pino avrà il suo bel da fare a “gradinare” per tutti. Seguono Franco-Michele ed io, Enzo-Nicola-Adriano e in coda Stephan-Giovanni-Cosimo. I primi passi sono strani ed incerti, ma per fortuna l’allenamento che ho fatto è servito, le gambe reggono e il fiato c’è. Sono concentrata. Rispondo alle domande, sorrido, ma sono concentrata.
Ho azzeccato l’abbigliamento e strano a dirsi sudo pochissimo. Proviamo i passi e acquisto sempre più sicurezza. Dopo poco Michele va in crisi e comincia a rallentare. Dietro mordono il freno e ad un certo punto sento “tic-tac tic-tac”, Enzo ha messo la freccia e ci sorpassa con i suoi. Mi giro a guardare Stephan e gli chiedo se sta facendo le foto. Mi risponde che è stanco di fotografare solo il mio “lato B”. Franco gli risponde “uagliò che fai guardi il lato B di mia moglie!?”. Si lo so siamo birichini! Michele va in deficit di energia e ci fermiamo per fargli mangiare qualcosa. E qui il canadese con una pronta manovra effettua un sorpasso da manuale.
Aspettiamo che Michele faccia il pieno di energie e ripartiamo. Io non riesco a calibrare bene il passo e la distanza e Franco mi sgrida un paio di volte perché sono troppo vicina. Le cordate si “comportano bene” e i due coordinatori decidono di cambiare percorso e di affrontare un pezzo con una pendenza maggiore. La traccia lasciata dalle altre cordate diventa impraticabile per noi in coda. La neve cede sotto il piede e Franco decide di staccarsi dalla pista segnata e crearne una nuova. E qui ad andare in crisi sono io. La neve cede sotto i passi di Michele e dietro di lui lascia una granita informe piena di buche e molto instabile. Fatico a crearmi il gradino per piantare il rampone, ma biiiip devo farcela! Sono sola, la mancanza del contatto visivo con Franco mi pesa in un modo che non avrei mai creduto. Sono così concentrata che non mi accorgo che siamo arrivati. Ho sentito gridare Rocco, so che lui è già sopra che ci aspetta, ma vederlo è una gioia come non mai. L’adrenalina e lo sforzo mi hanno segato le gambe e devo sedermi a riprendere fiato. Gli ultimi metri mi hanno provato ma sono comunque felice di aver “retto”. Guardo da dove siamo saliti e penso “biiiiip!”. Mi guardo intorno ed è uno spettacolo meraviglioso. Amo questa montagna. Come si fa a non amarla è così bella! Qui penso ci sia la casa di un amico che non abbiamo più. Oggi sarebbe stato sicuramente dei nostri. Anche il vento e il cielo azzurro amano questa montagna. Il vento ha disegnato una sottile linea di cresta e ha portato la sabbia da chissà quale posto lontano.
I coordinatori decidono che per oggi è sufficiente, non andiamo sulla cima del Monte Alpi e ci prepariamo per la discesa che vista la linea di cresta sottile sarà comunque da percorrere con attenzione. Sono costretta a chiedere a Franco di darmi una mano per alzarmi perché stare seduta con le gambe piegate non è stata proprio una buona idea. I primi passi sono malfermi e fino a che non riesco ad allentare la tensione faccio fatica a muovermi. Ci buttiamo a scapezzacollo nel bosco lungo il pendio e appena le gambe si sciolgono mi diverto come una matta. Affondare con la gamba fino all’inguine e rimanere bloccata (capita a tutti i componenti della “spedizione”) non è proprio divertente, aspettare che qualcuno scavi la neve per farti uscire lo è ancora meno, ma fa parte del gioco. Ad un certo punto Oliva decide che deve sorpassarmi ed entrambi acceleriamo il passo, ma la gara dura poco, lui finisce per fare un bel capitombolo con avvitamento. Ci fermiamo per mangiare e ce la prendiamo comoda, tanto è presto. Fare quell’ultimo tratto per arrivare alle macchine mi pesa tanto e Nicola rimpiange di non aver portato le ciaspole. Guardo Alessandro che mi cammina di fianco e sono orgogliosa di lui, ed io sono solo la sua “finta” zia. E’ strato strepitoso come quella volta al rifugio Tridentina e mi ha stracciato oggi come allora. Gli chiedo un giudizio sulla giornata. Mi risponde “pensavo fosse peggio!” e questa frase mi pesa come un macigno sulle spalle. Mi consolo pensando che Alessandro ha l’incoscienza della giovane età, ed io la troppa coscienza della non più giovane età. Sono fatta vecchia!
Ho scritto troppo, non era mia intenzione e non so in quanti sarete arrivati alla fine di questo resoconto. Ma è stata una giornata densa di avvenimenti e, per citare il mio amico Nicola, “è stata l’escursione più bella della mia vita!”.
 
Margherita