La Fontana Cilivestri fu costruita nel 1825 non molto lontano da Torre Spagnola, in un’area ricca di acqua. Posta a servizio dell’omonima masseria, era anche utile agli armenti e alle greggi che si spostavano lungo le vie della transumanza. Masseria e fontana appartenevano alla famiglia De Miccolis. L’edificio è però completamente scomparso dopo i crolli dovuti ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Da allora anche la fontana cadde in abbandono, finché non è stata restaurata a cura di Italcementi, nella cui proprietà è situata oggi, progettista l’arch. Pietro Laureano, direttore di lavori l’arch. Massimiliano Burgi.
Ci si arriva abbastanza agevolmente in macchina lungo la strada provinciale per Gioia del Colle, prendendo una stradina sterrata tra i campi, un chilometro dopo Torre Spagnola. Ma naturalmente noi ci arriveremo a piedi, partendo dalla murgia materana e precisamente da Jazzo Gattini, dove lasciamo le auto.
È un percorso segnato da punti d’acqua: passiamo sotto il serbatoio dell’Acquedotto Pugliese che pompa alla città l’acqua lucana del fiume Agri attraverso un tubo, che prima si adagia nella gravina e poi la risale ripidamente; poi andiamo a dare un’occhiata alla cisterna del Comune, fresca di restauro, in località Conca d’Aglio, quasi sulla sommità della nostra murgia; infine ci addentriamo nei terreni della cementeria per raggiungere la fontana restaurata, colma d’acqua cristallina. È una giornata soleggiata e il percorso è allo scoperto, ma l’idea dell’acqua forse allevia un po’ la calura a cui non siamo ancora abituati.
Ancora una volta dobbiamo osservare le misure di precauzione per evitare le occasioni di contagio da Covid-19: numero ridotto di partecipanti ammessi, distanza di almeno due metri l’uno dall’altro, impiego della mascherina durante le soste, divieto di scambio di attrezzature e di cibo, insomma socialità controllata.
Antonio trova un bel sentierino che muove nel verde aggirando il serbatoio da sotto, così cominciamo ad ammirare i fiori – come il lino di Tommasini, il papavero comune e il papavero pugliese, l’asfodelo mediterraneo, le serapidi e le ophrys, i fiori del biancospino – che sono sbocciati copiosi in questo periodo della primavera e ad apprezzarne il profumo selvatico. In particolare si fanno notare nel verde della macchia gli spruzzi bianchi di aglio napoletano. Poi la natura si offre anche al gusto, offrendoci germogli di asparago selvatico e mandorle ancora tenere che maturano sui rami frondosi.
Antonio ci porta alla grande cisterna del Comune e Patrizia ci spiega come funzionava e che tutti i pastori potevano usarla perché apparteneva al demanio.
Lungo il percorso si uniscono nuovi compagni di strada: una cavalla con una campana al collo, una timida testuggine di Hermann e un crocchio di stercorari, accalcati a ricavare la propria pallina di sterco da far rotolare nei loro nascondigli. La cavalla dal manto baio scuro, forse perché si era smarrita o perché si sentiva sola, non appena ci ha visti ha cominciato a seguirci, come solitamente fanno i cani. L’ho dovuta dissuadere scacciandola perché più avanti avremmo dovuto attraversare una strada trafficata e poteva costituire un pericolo non da poco. Mi resta però impressa la sua immagine scura ed elegante mentre scorrazza nella prateria d’argento di lino delle fate meridionale, tra le assolate lame della Murgia di Alvino.
Abbiamo scoperto che l’itinerario non è completamente allo scoperto, un po’ di ombra ce l’ha offerta qualche mandorlo e poi un piccolo lembo di pineta mista a cerri a ridosso di una piccola e antica cava di calcarenite. Poi, superata la statale Appia, tra le case coloniche della Riforma agraria vuote e cadenti, la via procede senza più un riparo, fino a raggiungere infine la fontana.
All’interno dell’antico manufatto c’è una piccola vasca con le pareti ricolme di capelvenere. All’esterno un’altra vasca, più lunga, dove l’acqua scorre e si perde gorgheggiando nel troppopieno che affiora alla superficie. Tutt’intorno l’erba è alta, il Giardino delle conoscenze idriche che c’era qualche anno fa è scomparso o si è nascosto, ci sarebbe bisogno di una nuova manutenzione. L’acqua ci offre un po’ di refrigerio immergendovi le mani. Tutti lungo la fontana esterna, posiamo per la foto di gruppo prima di salutarci.
È ora di riprendere le macchine e tornare a casa.
Cosimo Buono